30 Ottobre 2020
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della Solennità di TUTTI I SANTI
(ANNO A) a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
(Ap 7,2-4.9-14)

Io, Giovanni, vidi salire dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio».  E udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».


L’Apocalisse di San Giovanni è un libro, bellissimo, da «pregare e contemplare» più che da capire. Il linguaggio di Giovanni è fortemente simbolico, ci parla delle realtà celesti che verranno, che già ci sono e non vediamo, che esistono da sempre. Si parla per immagini e simboli come si farebbe per descrivere qualcosa di ricco, bello e sfuggente alle definizioni, come si parla di ciò che si crede e di ciò che si spera.

Questo libro è diretto a una Chiesa che, al tempo in cui si scrive, è stata decimata dalle persecuzioni. Per questo è scritto per incoraggiare chi sta rischiando la vita per testimoniare la propria fede.

Così Giovanni, in questo testo, «apre il cielo» e ci mostra chi lo abita e cosa accade (o accadrà), come a mostrarci una sorta di “tifoseria celeste”: quella dei santi che gioiscono «Beandosi (cf. Mt 5,1-12)» di Dio. Per primi compaiono i centoquarantaquattromila segnati. Coloro che, come sarà evidente in seguito (cf. Ap 14,1), hanno scritto sulla fronte il nome di Gesù e del Padre suo: un sigillo di appartenenza, come un segno indelebile e visibile dell’essere solo di Dio. Anche su di noi è scritto il nome delle persone a cui apparteniamo, sarebbe bello ci fosse spazio anche per quello di Dio.

Poi compare la moltitudine immensa di uomini e donne che sono diventati «luminosi» condividendo la stessa sorte di Gesù che amò i suoi amici «fino alla fine» (Gv 13,1). Coloro cioè che hanno creduto fino in fondo che è dal sangue dell’Agnello che viene la salvezza. Che è il dono di sè che ridona luce e candore alla vita di tutti i giorni. I cristiani a cui è diretto questo testo fanno parte di queste schiere di testimoni fedeli, quelli a cui appartiene il Regno dei cieli (Mt 5,3.10). A noi è dato lo stesso privilegio!


Qôl/call

«Beato» è la prima parola del libro dei Salmi, che preghiamo nelle lodi e nei Vespri, e la parola chiave del Vangelo di oggi… un invito, una promessa per tutti noi.

sr. M. Francesca 
frasca.mfrancesca@apostoline.it