27 Agosto 2021
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria
a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro del Deuteronòmio (4,1-2.6-8)

Mosè parlò al popolo dicendo:
«Ora, Israele, ascolta le leggi e le norme che io vi insegno, affinché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso della terra che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi.
Non aggiungerete nulla a ciò che io vi comando e non ne toglierete nulla; ma osserverete i comandi del Signore, vostro Dio, che io vi prescrivo.
Le osserverete dunque, e le metterete in pratica, perché quella sarà la vostra saggezza e la vostra intelligenza agli occhi dei popoli, i quali, udendo parlare di tutte queste leggi, diranno: “Questa grande nazione è il solo popolo saggio e intelligente”.
Infatti quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi ogni volta che lo invochiamo? E quale grande nazione ha leggi e norme giuste come è tutta questa legislazione che io oggi vi do?».

Israele si trova nelle steppe di Moab ed è vicino all’ingresso nella terra promessa. Qui Mosè consegna la Legge, l’insegnamento fatto anche di precetti e norme, donato da Dio per rimanere liberi e grati del dono ricevuto.
Legge, in ebraico Torà, vuol dire “insegnamento, direzione, ammaestramento”. Spesso sentiamo dire che si vede di chi si è figli, si vede se un bambino è cresciuto in un ambiente che lo ha accolto, educato, amato; da come ciascuno vive emerge anche l’impronta di chi lo ha preceduto e educato all’arte di vivere, persino quando si fanno scelte sbagliate l’amore ricevuto rimane stampato addosso.
Lo stesso vale per Israele, che viene posto davanti alla scelta di seguire un insegnamento definito come “saggezza” davanti a tutti i popoli, perché è nella relazione viva con il Dio vivente che si manifesta la luce vera, l’unicità e l’identità del popolo di Dio, come anche la sua intelligenza. Dal modo in cui Israele deciderà di vivere, seguendo o meno le norme ricevute per regolare la convivenza interna ed esterna, si potrà riconoscere l’appartenenza al Dio vivo.
L’osservanza dei comandamenti ha senso se mi aiuta a esprimere l’appartenenza a Dio e se diventa la via per conoscerLo e amarLo.
“Il Signore, nostro Dio, è vicino a noi…”: Dio è vicino, si rende concretamente presente in chi pratica i comandamenti. E, per non disperdersi in mille rivoli di interpretazioni e perdere di vista il cuore di questo magnifico dono (Cf Mc 7,1-23), i maestri di Israele come anche lo stesso Gesù e la comunità cristiana, li riassumono spesso in espressioni sintetiche, simili, che ne indicano l’essenza: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Gesù, Mt 7,12); “Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Paolo, Gal 5,14); “Ciò che a te è odioso, agli altri non farlo” (r. Hillel il Vecchio, I sec a.C – I sec d.C.). Tutto qui (e non è poco).


Qôl/call

«Come vivo io? Nella paura che se non faccio questo andrò all’inferno? O vivo anche con quella speranza, con quella gioia della gratuità della salvezza in Gesù Cristo? È una bella domanda. E anche la seconda: disprezzo i Comandamenti? No. Li osservo, ma non come assoluti, perché so che quello che mi giustifica è Gesù Cristo». (Papa Francesco, Udienza generale,  mercoledì 18 agosto 2021)

sr. Letizia 
molesti.l@apostoline.it