1 Ottobre 2021
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro della Genesi (Gen 2,18-24)

 
Il Signore Dio disse: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda».
Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di animali selvatici e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutti gli animali selvatici, ma per l’uomo non trovò un aiuto che gli corrispondesse.
Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. Il Signore Dio formò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. Allora l’uomo disse:
«Questa volta
è osso dalle mie ossa,
carne dalla mia carne.
La si chiamerà donna,
perché dall’uomo è stata tolta».
Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne.


Un ritorno alle origini quello che la Liturgia di oggi ci propone. Quando l’autore biblico, per Ispirazione, scrisse della creazione della donna, lo fece in modo che risaltasse una dimensione importante per l’essere umano: la complementarietà.
Per esprimere questa reciprocità fatta di differenza e, nello stesso tempo, di similitudine nel testo originale ebraico troviamo un gioco di parole: così se l’uomo è un ʼish, la donna è chiamata ʼishah. Nessuno degli animali che sfilano davanti all’uomo ha quel di più che non lo faccia sentire solo sulla faccia della terra. Nessuno può aggiungere all’uomo quella semiconsonante (la lettera “h” in ebraico con cui da ʼish si forma ʼishah) che appaghi il suo bisogno di rispecchiarsi in qualcun altro, se non la donna. La complementarietà è la caratteristica “prima” di cui l’uomo in quanto uomo ha bisogno. Tutti capiamo bene come sia vero: nel rapporto di coppia come nei rapporti di amicizia, nelle relazioni più autentiche noi cerchiamo un sostegno che ci rimandi un po’ di “noi” e qualcosa di più. Non facendoci “soli” questa è stata la prima cosa che Dio, Creatore ha intuito.
Complementarietà non è corrispondenza perfetta, non è cercare di rendere l’altro uguale a noi eliminando le sue differenze, è accogliere l’incastro tra le nostre caratteristiche e le sue, sapendo la fatica che questo, a volte, richiede, per quella famosa “semiconsonante” che ognuno porta con sé e che lo rende così uguale (con gli stessi bisogni, con la stessa ricerca dell’altro, con le stesse fatiche…) ma così diverso.


Qôl/call

Nel Vangelo si racconta il momento in cui Gesù, spiega un senso ulteriore della creazione dell’uomo e la donna di fronte ai farisei e ci invita a considerare un’altra caratteristica “originaria” pensata da Dio per l’uomo e la donna: l’unità (Mc 10,9). «Nessuno divida» (Mc 10,9), anche solo questa breve frase di Gesù può diventare un nostro impegno quotidiano. Affidiamo al Signore una realtà, situazione in cui vogliamo che Lui torni a fare unità.

sr. M. Francesca 
frasca.mfrancesca@apostoline.it