2 Settembre 2022
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla Prima Lettura della XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro della Sapienza (9,13-18)

Quale uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima
e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.
A stento immaginiamo le cose della terra,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi ha investigato le cose del cielo?
Chi avrebbe conosciuto il tuo volere,
se tu non gli avessi dato la sapienza
e dall’alto non gli avessi inviato il tuo santo spirito?
Così vennero raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono istruiti in ciò che ti è gradito
e furono salvati per mezzo della sapienza.


Chi può dire di aver investigato le «cose del cielo»? O di essere sicuro di quale sia la volontà di Dio? «I miei pensieri non sono i vostri pensieri» (Is 55,8), dice in un altro passo il Signore per bocca del profeta Isaia. Come dargli torto? Persino il re Salomone – a cui l’autore del libro della Sapienza fa pronunciare la preghiera di cui questi ultimi versetti fanno parte – si trova ad ammettere che nemmeno lui, saggio per eccellenza, può presumere di conoscere Dio.
I nostri ragionamenti arrossiscono nella loro timidezza e tentennano nel tentativo di capire qualcosa sul perché di tanti avvenimenti il cui senso ci è sconosciuto.
Le nostre riflessioni, dice Sap 9,14, sono incerte, potremmo dire pericolose, come una barca che si avventura nei venti di un mare in tempesta. Lo stesso aggettivo è usato in At 27,9, infatti, per descrivere la navigazione di Paolo e i suoi compagni che poi sfocerà in un naufragio: anche i nostri pensieri, da soli, è vero, a volte, spesso, vanno alla deriva ripiegati su se stessi.

Queste parole, in apparenza senza soluzione, sono però inserite in una preghiera in cui l’uomo restituisce a Dio la propria fragilità e gli chiede l’unico dono capace di salvare da se stessi: la Sapienza che viene da Lui.
Se siamo incerti, in balìa delle nostre strategie per non “soccombere” sotto il peso delle nostre riflessioni, a volte incapaci di darci stabilità, sollievo, “aria”… possiamo, come Salomone, chiedere al Signore di darci la sua Sapienza: per essere presi per mano a scoprire la presenza di Dio nel corso della storia, in fondo, quello che ci serve è accorgerci che non siamo soli.


Qôl/call

Anche Gesù nel Vangelo di questa domenica è radicale: seguirlo è amarlo più della propria vita e rimanere fedeli a Lui piuttosto che ai nostri attaccamenti personali, più che ai nostri pensieri potremmo dire allora con la Sapienza. Affidiamo a Dio un pensiero che ci frena nel cammino di libertà, dietro di Lui: «Dio è più grande del nostro cuore» (1Gv 3,20).

sr. M. Francesca 
frasca.mfrancesca@apostoline.it