18 Marzo 2022
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della II DOMENICA Di QUARESIMA (ANNO C) a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro dell’Esodo (Es 3,1-8a.13-15)

In quei giorni, mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb. L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: «Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele». Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?». Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono!». E aggiunse: «Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione».


Era un giorno comune quello in cui a Mosè venne dato di vivere l’esperienza più straordinaria tra le storie dei patriarchi. Il Signore si era già rivelato ad Abramo e lo aveva reso custode di una promessa fatta di eredi e benedizioni. Aveva cambiato il nome a Giacobbe (in Israele) in una notte di lotta, ma non aveva voluto rivelare il suo di nome (cf. Gen 32,23-33)… Ora con Mosè fa un passo in più. A quell’uomo che “salvato dalle acque” (etimologia del nome di Mosè) salverà il suo popolo da altre acque (quelle del Mar Rosso), Dio rivela il suo nome. Rivelare il nome è consegnarsi nelle mani di chi lo riceve, è rivelare quasi il proprio segreto. E che nome è quello di Dio? Un nome che viene dalla terra sacra, sulla quale Mosè non deve poggiare i propri sandali, più che dal cielo, perché è un nome che si inserisce nella storia degli uomini e che significa presenza. Un nome che è un soggetto, “Io”, e un verbo, “essere”: «Io sono colui che sono e sarò (seguendo la lingua originale)», riguarda perciò il presente e il futuro ma anche il passato: «Io sono il Dio dei vostri padri». Soprattutto il nome di Dio è dialogo, sì perché dire «Io» significa che qualcuno sta parlando. Dio è un soggetto presente e in dialogo, introducendo così il modo in cui si manifesterà in tutta la storia raccontata nell’Esodo, dalla liberazione dalla schiavitù dell’Egitto (cf. Es 14) al dono della Legge (Es 20). Anche Gesù «prenderà la parola» (Lc 13,2), Lui che è Parola fatta carne (cf. Gv 1), per entrare nella storia degli uomini. E per chi spendere i propri giorni se non per un Dio di parola?


Qôl/call

La tua Parola, Signore, è come quel roveto che arde senza consumarsi. È vita che dà vita ai nostri giorni, nonostante tutto. Le tue Parole si intrecciano con le nostre nel dialogo con te fatto di Presenza. In questa intimità, con Te, Vita più forte di tutto, ti affidiamo le nostre parole più urgenti
Oggi, come sempre, sia fatta la Tua Volontà.

sr. M. Francesca 
frasca.mfrancesca@apostoline.it