Davvero grande la personalità di questa donna di Sunem! Bisogna leggere tutta la sua vicenda (raccontata in 2Re 4,8-37), se non vogliamo perderci il gusto puro dell’accoglienza.
Ci sono “luoghi” in cui sentiamo di poterci concedere di amare e essere amati così come siamo, di essere “rilassati”, cioè di riposare in questo amore che è permesso, è limpido e semplice.
La storia di Geremia è intrecciata con la storia del suo popolo, come quella di ogni profeta e, in quanto uomo della storia, il giovane sacerdote non tace rispetto alle incongruenze che vede. Denuncia e compie gesti simbolici per volere di Dio.
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“Chiamati a sé i suoi dodici discepoli…” (Mt 10,1): in quel “suoi” c’è tutta la potenza della relazione. I 12 sono discepoli e apostoli (inviati) di Gesù, lo rappresentano, lo annunciano, lo portano agli altri. Ma sono anche “i suoi”, coloro che appartengono a Lui nel patto reciproco e rinnovato dell’Alleanza tra Dio e il popolo. Tra questi “suoi” riscopro il mio nome…
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acciamo memoria grata di tutto il cammino che il Signore ci ha fatto percorrere insieme a lui. Quali le tappe più importanti della nostra fede? I prodigi… la liberazione… il tempo del deserto…
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Essere conosciuti dal Signore “faccia a faccia”, senza maschere, nell’autenticità di quello che siamo è, forse, la definizione più bella della libertà. La comunione d’amore che si celebra oggi ci lascia un riflesso di quel volto, che si chiama misericordia, amore, fedeltà, perdono.
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