C'erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea ... 3

Conosciamo il gruppo. Gli evangelisti ci riportano i nomi dei dodici apostoli (cf Mc 3,16-19; Mt 10,2-4; Lc 6,13-16; At 1,13). Guardando a questa comunità scelta e costituita da Gesù stesso ci vengono spontanee queste domande: Con quali criteri Gesù li ha scelti? Come li voleva? E per loro, cosa significava diventare discepoli di questo Maestro e Signore? Come si sviluppò in loro la conoscenza di lui? Quali difficoltà incontrarono? Quali sorprese ebbero? Gli evangelisti non soddisfanno le nostre curiosità, non ci hanno nemmeno offerto sufficienti dati anagrafici o biografici di ciascuno per ricostruire la fisionomia dei singoli apostoli, ma da quel poco che sappiamo possiamo constatare che Gesù ama la diversità e vuole attorno a sé una comunità vivace ed eterogenea.

I dodici apostoli sono di provenienza diversa. Si sa che Filippo è di Betsaida (Gv 1,44), Pietro e Andrea hanno la casa a Cafarnao (Mc 1,29), Simone è di origine cananea (Mc 3,18), Bartolomeo, che la tradizione identifica con Natanaele, è di Cana di Galilea (Gv 21,2). Sono uomini di diverse professioni. Alcuni sono pescatori, mentre Matteo è un esattore di tasse.

Alcuni seguivano già Giovanni Battista, quindi erano avviati, in qualche modo, ad una vita spirituale più intensa e più esigente; altri invece, come i pescatori sul lago di Tiberiade (Mc 1,16-20) o Matteo al banco delle imposte (Mt 9,7-9), immersi nella loro vita di gente comune e nel loro lavoro quotidiano, sono stati chiamati da Gesù all’improvviso, senza nessuna preparazione né remota, né prossima.
Prima di diventare discepoli di Gesù molti di loro non si conoscevano, altri invece erano legati con vincoli di sangue o di amicizia. Andrea e Pietro, Giacomo e Giovanni, sono due coppie di fratelli; i pescatori sono compagni di lavoro; Filippo probabilmente è amico di Natanaele.
I dodici apostoli riflettono anche una diversità di ambiente di vita e di tendenze ideologiche. Accanto ai semplici pescatori di Galilea c’è Matteo, il pubblicano, Natanaele, un «vero israelita», Simone, uno zelota.

 

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Se dal quadro esterno ci addentriamo a vedere il loro carattere e la loro personalità, la diversità che emerge è ancora più grande. Nel gruppo attira molto l’attenzione Simon Pietro, uomo impulsivo, irruente, più portato ad agire che a riflettere («Signore comanda che io venga da te sulle acque!»), più pronto a promettere che a mantenere la promessa («Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte»). È un tipo che va facilmente agli estremi («Tu non mi laverai mai i piedi». «Allora, Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!»), che cade facilmente, ma che si rialza con prontezza non appena riconosciuto lo sbaglio. È impaziente, vuol avere chiaro tutto e immediatamente, fa fatica ad aspettare e a sostare nel mistero («Signore, quante volte devo perdonare?». «Noi che abbiamo abbandonato tutto che ricompensa riceveremo?». «Chiedigli chi è quello che lo tradirà»). Egli segue Gesù con tutto l’ardore del suo carattere e con tutto il suo amore («Signore, tu sai che io ti amo») e Gesù gli affida il compito di guidare la Chiesa nascente.

Anche Giovanni ha un amore ardente per Gesù, ma lo esprime in modo molto diverso. Di temperamento forte pure lui (Giovanni e il fratello Giacomo vengono chiamati “figli del tuono”), è dotato di grande capacità di riflessione e d’intuizione, insieme ad una forte sensibilità per il mistero. È il teologo e il mistico del gruppo.

Andrea si fa conoscere come un uomo socievole, generoso, zelante, premuroso nel portare gli altri a Gesù. Quando scopre qualcosa di buono e di bello, s’affretta a condividerlo subito con gli altri. È stato lui a condurre il fratello Pietro da Gesù («Abbiamo trovato il Messia»). Quando un gruppo di greci voleva vedere Gesù, è stato lui, insieme con Filippo, a facilitare l’incontro. È stato ancora lui a scoprire e a portare da Gesù il ragazzo con cinque pani e due pesci, contribuendo così al miracolo. Somigliante ad Andrea da questo punto di vista è Filippo, il mediatore fra Natanaele e Gesù nel loro primo incontro («Vieni e vedi»). Filippo è un uomo semplice, schietto; fa fatica ad andare oltre il visibile, a penetrare nel senso più profondo della realtà («Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». «Filippo, da tanto tempo sono con voi e non mi hai conosciuto?»).

Come Filippo, e più di lui, anche Tommaso è lento a cogliere il mistero nella sua profondità. Tommaso è un tipo razionale, non si compromette e non rischia facilmente, non si fida senza prove tangibili, non crede senza aver fatto esperienza personale («Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?». «Se non metto la mia mano nel suo costato, non crederò»).

Natanaele ha avuto il privilegio di ricevere un bell’elogio da Gesù fin dal primo incontro: «Ecco un vero Israelita in cui non c’è falsità». Questo l’ha fatto passare da uno scetticismo ironico («Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?») ad una confessione di fede («Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele»).

Abbiamo nel gruppo un silenzioso Giacomo, sempre presente negli avvenimenti importanti e sempre discreto; un Giacomo di Alfeo, un Giuda di Giacomo, un Simone Zelota, di cui non conosciamo nulla al di là del nome. Infine c’è Giuda Iscariota, uomo di carattere debole, che alla fine tradisce Gesù.

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Insomma, non sono persone ideali, perfette, non rappresentano modelli indiscutibili, ma sono uomini comuni di carattere diverso, con virtù e difetti diversi. Litigavano qualche volta per delle banalità. C’era persino un po’ di concorrenza tra di loro. Al contrario di quello che insegnava loro Gesù, ambivano ad essere il primo, il più grande del gruppo. Però una cosa è certa: tutti sono stati attirati dallo stesso Gesù, il quale, in tempi diversi e in circostanze diverse ha rivolto a ciascuno di essi lo stesso invito: “Vieni e seguimi!”. Questo è ciò che li univa.

Su questi uomini così diversi tra loro Gesù ha pronunciato, al termine della sua vita, la preghiera rivolta al Padre: «Siano perfetti nell’unità» (Gv 17,23). È a loro che Gesù ha affidato tutto se stesso, le sue parole, i suoi fatti, la sua missione e, in un certo senso, il suo futuro. Egli si fida di noi e sa che fin quando rimaniamo fedele a lui, centro di unione, le diversità contribuiscono a rendere più belle, più ricche e più dinamiche le nostre comunità.

Articolo di Maria Ko Ha Fong, biblista
“SE VUOI” 5/2007