“Come se vedessero l’Invisibile” (EG 150)

Giornata Mondiale di Preghiera Per le Vocazioni
12 maggio 2019

di don Michele Gianola
Direttore dell’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni, CEI

 

La pianura di Esdrelon assomiglia a una tovaglia, stesa per raccogliere la gran parte della vicenda di Israele. Su di essa si sono consumate le guerre, le lotte e le battaglie, le gioie e le passioni dei figli di Giacobbe, lo scorrere dei giorni e del tempo. Il monte Tabor incuriosisce, sorge dalla medesima pianura come una bolla, un panettone, un rigonfiamento: sembra che sotto la coperta della storia, ribolla qualche cosa, brulichi, come pronto a emergere. Singolare che la tradizione dei pellegrinaggi in Terra Santa abbia voluto ambientare in questo luogo la Trasfigurazione del Signore. Sì, perché questo mistero della vita di Cristo assomiglia a un cambiamento di sguardo, annuncia la possibilità di riconoscere, attraverso l’umanità di Gesù, la sua gloria; annuncia la possibilità di scorgere in “quell’OGGI” – che Papa Francesco ha gridato durante la messa conclusiva alla GMG di Panamà – un appello, un invito, una chiamata. Sì, perché la storia, i fatti, gli incontri, le persone, quella «marea un po’ caotica che è la vita» (Evangelii Gaudium 87) sono LUOGHI da imparare a leggere, facendo come si fa quando si legge la Scrittura. Ti potrà sembrare strano, ma se hai provato qualche volta a pregare con la lectio divina, saprai che non si tratta di capire, comprendere, assorbire tutto il testo, ma che c’è un versetto, una parola che “si illumina”. Accade così anche per la vita, quando un incontro si illumina, un fatto diventa gustoso, fermenta, sembra contenere una promessa di bene. Così è del discernimento vocazionale. La vita non la si progetta, ma la si intuisce, si ascolta un invito che viene da Dio, e che passa dalla sua Parola e dalla sua storia, dalla realtà – che è di Cristo (Col 2,17).

La Trasfigurazione è mistero di luce, perché la luce è l’abito di Dio (Sal 104,2). È il vestito di chi crede, perché toccato dalla vita d’amore e di misericordia della Trinità. Per imparare a vedere, occorre imparare la “benedizione”, saper scovare dentro il quotidiano – mai banale – piccoli e grandi episodi di trasfigurazione. È così fin dall’inizio: il compiersi della Promessa somiglia alle stelle nel buio della notte, prova a contarle! (Gen 15,1); come buchi nella coperta del cielo, anche la vita di Dio brilla nella notte della storia, puntinando il cammino degli uomini di miriadi di segni della sua presenza. Sono gesti d’amore, di perdono, di gratitudine, di semplice attenzione, piccoli segni del Regno che viene, gesti che hanno il sapore della comunione, che è la vita di Dio. Prova a cercarli! Saranno cose piccole, ma molto concrete. Forse saranno anche cose grandi, perché nella nostra vita Dio può aver operato meraviglie o le opererà. Guarda la pianura della tua storia per individuare i segni della trasfigurazione. Anche se sembreranno banali non saranno meno veri, perché è dal piccolo che nasce la vita: una colazione trovata pronta di domenica mattina, un saluto quel giorno che eri particolarmente stanco, o la bellezza di poter avere accanto a te una persona con la quale condividi la vita. Un amico o un’amica che senti per telefono e ti regala uno sguardo d’amore sulla tua vita, un gruppo di amici con i quali lavori per questa o quell’altra attività, il collega di lavoro che ti ha fatto un favore quando meno te lo aspettavi, quella volta che qualcuno ha fatto il primo passo verso di te dopo un litigio o quando tu hai fatto altrettanto. Oppure storie anche più marcate, più luminose, come quella di Luca che stava per essere abortito e ora a 35 anni lavora in un centro per disabili; o di Simona che senza braccia danza e dipinge la sua vita; o di Chiara, morta a 28 anni per far nascere il suo bambino; o di Francesco, Agostino, Teresa, Monica… Storie di vite trasfigurate, quelle dei santi, non perché migliori di noi, ma perché capaci di intuire e vedere – nel loro quotidiano mai banale – la forza della vita di Dio.

La Trasfigurazione è strettamente legata alla Crocifissione e alla Pasqua: «Alla sommità del Tabor è piantata la Croce; e, in parallelo, dietro al velo della carne crocifissa e sanguinante di Cristo sul Golgota, dobbiamo discernere la presenza della luce increata della trasfigurazione» (K. Ware). Il Regno di Dio viene anche in mezzo alle tribolazioni, la Risurrezione attraversa la Croce, il mondo – invece – dissimula la realtà dove «mai, mai può mancare la croce» (Gaudete et Exsultate, 75). «Il mondano ignora, guarda dall’altra parte quando ci sono problemi di malattia o di dolore in famiglia o intorno a lui. Il mondo non vuole piangere: preferisce ignorare le situazioni dolorose, coprirle, nasconderle […]. La persona che vede le cose come sono realmente, si lascia trafiggere dal dolore e piange nel suo cuore, è capace di raggiungere le profondità della vita e di essere veramente felice» (Gaudete et Exsultate, 76). Impara, allora, a guardare anche le ferite della tua storia, per scoprire la possibilità di essere guarito/a. Anche se la tua vita è fatta di cocci, il Signore la può rimettere insieme. Non chiudere gli occhi sulle ferite e il dolore degli altri, guarda la realtà. Da lì potrai intuire la tua vocazione perché la realtà veicola la voce dell’altro, che invoca il dono di te e ti permette di intuire la risposta alla domanda vocazionale: «Per chi sono io?» (Francesco, 8 aprile 2017). La vocazione, infatti, non è mai per se stessi, sempre per qualcun altro, a servizio degli altri. E sarà ciò che di più bello potrai compiere – insieme al Signore – nella tua vita!

(rivista SE VUOI 2/2019)