CAST TECNICO

Titolo originale: The Salt of the Earth;
Nazione: Brasile, Italia, Francia
Durata: 109’; Genere: Biografico, documentario
Regia: Wim Wenders, Juliano Ribeiro Salgado
Fotografia: Hugo Barbier, Sebastião Salgado
Musiche: Laurent Petitgand
Produzione: Julia de Abreu, Andrea Gambetta,
Christine Ponelle, David Rosier,
Lélia Wanick Salgado, Wim Wenders
Distribuzione: Officine UBU

CAST ARTISTICO

Il fotografo: Sebastião Salgado
Il Narratore 1: Wim Wenders
Il Narratore 2: Juliano Ribeiro Salgado
Hugo Barbier: se stesso
Jacques Barthélémy: se stesso
Lélia Wanick Salgado: se stessa

SGUARDO DI INSIEME

Il film non è solo un documentario, è un’opera biografica a tutti gli effetti. Il grande Sebastião Salgado, artista fotografo, che per lunghi anni ha scritto meravigliosamente con la luce e con le ombre, racconta lo “stato del pianeta Terra” mentre ripercorre la sua sconfinata esperienza di fotografo, intensa e lunga quarant’anni. L’artista ha solcato i continenti per cogliere la bellezza del creato e per dialogare con le persone, in profondità, con l’obiettivo di coglierne la vita nelle pieghe più inespresse. È stato attento testimone degli eventi più importanti dell’ultimo scorcio del secolo scorso e dei quattordici anni del secolo presente: dai conflitti internazionali agli esodi di intere popolazioni, passando per le carestie e le pestilenze. Ha seguito i passi di ogni grande sofferenza umana che ha saputo catturare con verità e con grande rispetto, immortalandola nella fotografia. Ha posato il suo sguardo incantato sulla flora e sulla fauna ancora intatte e ha respirato l’aria dei grandi orizzonti panoramici come tributo alla bellezza del nostro Pianeta. Questo è il documentario per quanto concerne la Terra e l’Umanità. Ma dato che è anche un film biografico, cogliamo Salgado padre come un artista intriso di amore per l’umanità, che la sa raccontare sulla falsariga del talento artistico. La regia del film è di Wim Wenders, grande narratore di biografie (di lui ricordiamo Pina, la storia della coreografa Pina Bausch, uscito nel 2011), in collaborazione con il figlio di Sebastião Salgado, Juliano Ribeiro.
Il documentario è costruito con lo sguardo fuori campo di Wim Wenders e con quello sul campo del figlio dell’artista. E se da una parte viene reso omaggio alla bellezza del pianeta, dall’altra l’opera fa prendere coscienza della brutalità dell’uomo. Ecco allora ritratta l’avidità di milioni di cercatori d’oro brasiliani, inabissati nella più grande miniera a cielo aperto del mondo; ecco la denuncia dei genocidi africani; ecco l’inquinamento provocato dai pozzi di petrolio incendiati. Ecco i relitti industriali dei mestieri della società del passato e i cadaveri ammucchiati in Rwanda. L’obiettivo del fotografo penetra le foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea, scava i ghiacciai dell’Antartide e i deserti dell’Africa, scala le montagne dell’America, del Cile e della Siberia.
Nutrimento primario del cinema è l’immagine e qui l’immagine trionfa perché i registi riescono a dare movimento e continuità a fotografie cariche di potenza lirica, di pura poesia.

PER RIFLETTERE E DISCUTERE INSIEME

Dio ha fatto tutto con sapienza e amore. E noi, come coltiviamo questo “tutto”?
Chiediamoci quanto l’esperienza estetica, favorita dalla visione del film, ci aiuta a innalzare un inno di lode e di riconoscenza a Dio per le meraviglie che ha fatto per noi, e per noi stessi, creature-vertice del creato e ci stimola a impegnarci per la salvaguardia di questo mondo a noi affidato.
Il film invita a fare una catechesi spicciola sulla creazione e sul fine ultimo dell’umanità. Viene spontaneo chiedersi: “Da dove viene e dove va tutto ciò che esiste?”, “Da dove veniamo noi?”, “Dove andiamo?”. Le due grandi domande, quella dell’origine e quella del fine, s’intrecciano e diventano inseparabili, proprio perché il film propone sempre la persona nel suo sconfinato habitat.
L’orientamento della nostra vita e del nostro agire, quale legge segue? La legge dell’amore per il creato e per le creature, piccole e grandi? Segue le tracce di san Francesco, grande innamorato di Dio presente nella sua creazione? Se dello splendore del mondo il film trasuda, è presente anche il rischio dell’insensatezza umana che in molte occasioni spegne tale splendore.
Il fatto che il film sia al tempo stesso intimo e cosmico, è un invito a innalzare una preghiera, durante e dopo la sua visione. Dio, il creato e le creature costituiscono il ritornello visivo dell’opera. I grandi interrogativi che da alcuni decenni l’umanità si sta ponendo emergono con vivacità: la bellezza del territorio, la sua distruzione da parte dell’uomo e la sopraffazione dell’altro a causa di una malsana economia ci scuotono nell’intimo e ci fanno dire che deve cambiare. Sì. Deve cambiare. Soprattutto per la nostra personalissima azione. Di ognuno di noi.

(di Caterina Cangià, SE VUOI 2/2015)