sr. Adelangela (Laura) Paita, delle Suore Missionarie della Consolata, da 2 anni e mezzo vive con la sua comunità in Arizona a Sacaton, nella Gila River, Riserva degli Indiani Pima. Ci ha scritto proprio da lì per raccontarci la sua esperienza missionaria tra questa antica tribù di Indiani d’America, la bellezza di questo Popolo, e le sue fatiche nel conciliare tradizioni antichissime con un Paese in continuo sviluppo.

Festa della Trasfigurazione, 6 Agosto 2014: quattro Missionarie della Consolata entrano nella casa di Sacaton, riserva Indiana “Gila River”, a Sud Est di Phoenix, Arizona (USA). Poche righe di cronaca dense di significato!

Sono una delle suore che un anno prima diede la propria disponibilità per iniziare una presenza tra i Nativi, la realtà più emarginata e dimenticata del Nord America. Di fatto riferirsi ai “Nativi” è quasi una “scoperta”: dove sono? Chi sono? La riflessione che ci ha guidate a questa scelta è stato il desiderio di condividere l’esperienza di consolazione nello Spirito, con gioia, vivendo il più possibile vicino alla gente. Tra le 563 nazioni “indiane” sparse sul territorio nazionale, ci sono gli Akimel O’od-ham, Gente del fiume, o PIMA, nella “Gila River Community”, stabilita nel 1939. Questi sono il prossimo in mez-zo a cui viviamo con il desiderio di conoscerli, amarli e… servirli. La letteratura Pima non è abbondante, forse di proposito per difendere la propria identità. Ma un gruppo di anziani delle varie missioni ci ha aiutato a conoscere questa realtà, mettendo a nudo la loro esperienza personale nell’impatto con la cultura americana.

TRA GLI INDIANI: una presenza di condivisione 1

Fu commovente sentire dalla viva voce di chi ti sta di fronte come fu difficile rinunciare alle espressioni culturali più radicate nella propria tradizione, all’uso della lingua materna e ai valori che li avevano guidati fino ad allora… solo perché degli stranieri avevano deciso così. Le raccomandazioni unanimi di questi anziani furono: «Ascoltate con pazienza, osservate, aspettate a fare domande». Come non apprezzare questi suggerimenti, ricordando che l’ultimo spazio di “indipendenza” che un popolo ha, è celare i propri riti, cerimonie… le proprie credenze e valori?Una vera condivisione suppone di diventare come uno di loro, nel tempo e attraverso la fiducia reciproca.

Un giorno negli uffici del Distretto#3 da cui dipendiamo, abbiamo visto per la prima volta il fiume Gila, in fotografia… – di fatto il fiume fu dirottato per costruire una diga! Il 10 Dicembre 2004 i “diritti dell’acqua” vennero ridefiniti. In questo tempo la popolazione è impegnata per fermare un progetto di sviluppo di un’autostrada che distruggerebbe parte di una montagna sacra oltre a siti archeologici, con un significato culturale e di possibili risorse per la popolazione.Sembra quasi che l’emblema degli O’odham, che significa “l’uomo nel labirinto”, renda visibili gli ostacoli – non solo degli individui ma della Nazione – nell’impegno di raggiungere la pienezza della vita.

Una delle cose che mi ha colpito maggiormente in questo tempo è un elemento comune a tutti i Nativi Americani: il RISPETTO… per chi ci ha preceduto, per chi verrà, il rispetto per la terra “Madre”, per la natura e gli animali. Gli anziani sono impegnati a preservare, proteggere e promuovere l’eredità culturale; quando ho evitato la fretta e accettato di tacere durante pause di silenzio, ho sempre imparato qualcosa di nuovo da loro.

TRA GLI INDIANI: una presenza di condivisione 3

Lo sconcerto creato dallo scontro con la cultura europea è stato profondo, ora il dialogo richiede la pazienza di un’opera d’arte per essere efficace. Un processo lento, di sostegno, incoraggiamento, illuminazione. È così che l’Annuncio del Vangelo assume, oltre alle espressioni usuali di condivisione della fede, forme diverse:

1. attenzione ai valori tradizionali;

2. valorizzazione delle espressioni d’arte locale;

3. partecipazione rispettosa e apprezzamento dei riti e celebrazioni loro proprie.

La domanda che il Capo della missione di St. Ann mi rivolse alcuni mesi dopo il mio arrivo fu: «Fino a quando ti fermi tra noi?»… Risposi: «Spero fino alla morte» e l’espressione del suo volto cambiò impercettibilmente.

SE VUOI 4/2016