Cast tecnico

Titolo originale: La mélodie
Regia: Rachid Hami
Sceneggiatura: R. Hami, G. Laurent, V. Zenatti
Fotografia: Jérôme Alméras
Montaggio: Joëlle Hache
Musiche: Bruno Coulais
Scenografia: Sébastien Gondek
Durata: 102’
Genere: Commedia, drammatico
Nazione: Francia 2017
Produzione: Mizar Films,
France 2 cinéma, UGC Distribution
Distrib. Italia: Officine Ubu
Anno di uscita in Italia: 2018 

Cast artistico

Simon Daoud: Kad Merad
Arnold: Alfred Renely
La madre di Arnold: Tatiana Rojo
Il direttore d’orchestra Julien: M. Spinosi
Abou: Youssuf Gueye
Farid Brahimi: Samir Guesmi
Laurent: Jean-Luc Vincent
Il padre di Samir: Slimane Dazi
Samir: Zakaria-Tayeb Lazab
La madre di Simon: Corinne Marchand

 

La mélodie
SUONA SOGNA VOLA

La mélodie, opera terza del regista algerino trentenne Rachid Hami, è ambientata in una scuola della banlieue parigina in cui le classi sono socialmente  e culturalmente miste e vengono spesso frequentate da alunni cresciuti in famiglie monoparentali o disagiate.
All’interno di questo contesto difficile arriva Simon, un musicista cinquantenne dal passato professionalmente glorioso, ma con un presente difficile. Ha bisogno di soldi e solo per questo motivo accetta di insegnare violino a una classe che vede l’iniziativa più come una novità per divertirsi che un’occasione per imparare a suonare.
Il maestro non sa come prendere i ragazzi perciò esige disciplina, ma lo fa con rigidità e questo suo modo di fare avvia scontri e tensioni.
Tra i ragazzi spicca Arnold, di origine africana. Nella sua timidezza – forse dovuta al fatto che gli manca il padre e al fatto che vive in una situazione squallida, nel cuore di un quartiere dai palazzoni alti e grigi – viene conquistato inspiegabilmente dal suono  del violino. Arnold, appena può, sale sul tetto e suona, sia per non disturbare, che per respirare orizzonti ampi e per sognare un futuro che verrà.
Simon e Arnold si specchiano l’uno nell’altro: il professore vede nel giovane e talentuoso allievo quella passione che egli non prova più perché si è chiuso nel rimpianto di un passato glorioso che non tornerà e Arnold vede nel professore il futuro che vorrebbe raggiungere.
Le “liti” tra professore e alunni, pian piano ammorbidiscono il carattere degli uni e dell’altro mentre la stima reciproca cresce, li incoraggia e li rende forti, anche grazie al talento di Arnold, fino a portarli all’esibizione nel saggio finale alla Filarmonica di Parigi, evento che all’inizio del-l’avventura sembrava impossibile da raggiungere. 

 

La musica come occasione di crescita

Il regista mostra grande abilità nella narrazione dell’ambiente scolastico adottando un approccio-verità nella descrizione realistica che ne fa. Caratterizza in modo meraviglioso tutti i personaggi partendo dal protagonista e raggiungendo gli allievi, uno ad uno. La mélodie non è a caccia di originalità, ma propone uno sguardo attento e sereno nei confronti dei ragazzi, privo di pregiudizi. Propone anche, per gli adulti, la certezza che l’entusiasmo si può ritrovare e riassaporare. Dichiara allo spettatore che è possibile il dialogo intergenerazionale e che il valore terapeutico della musica è eterno e fa comunicare senza parole.
Quanto tentiamo di fare tesoro di questo valore? Quanto ci dedichiamo ad allestire occasioni di un suo consumo culturalmente valido e affiatante? Il film non ha colpi di scena, ma si propone di essere cinema formativo e di riscatto sociale. Vi troviamo il contesto aspro nel quale vive la maggior parte dei ragazzi della classe, vi troviamo il professore sicuro delle sue capacità di cambiare la situazione (Samir Guesmi), non manca il ragazzo esterno alla classe che vi porta uno straordinario talento (Alfred Renely), come non manca neanche il bullo che rivela però un cuore sensibile.
Bellissimo il primo impatto con lo strumento, che la stupenda fotografia rivela prima attraverso il senso del tatto e poi attraverso l’udito.
Non manca, come in vari altri film usciti in questi ultimi anni – emblematico per tutti Una volta nella vita di Marie-Castille Mention Schaar, del 2016 –, la costruzione del gruppo. Infine, non manca la “prima” del gruppo, canonicamente disastrosa. L’obiettivo del regista non è stato realizzare un capolavoro complesso, ma è stato toccare il cuore degli spettatori attraverso la musica classica, “roba immortale da giovani e da infanti” come noi siamo convinti che sia, e non (solo) da vecchi, come erano convinti all’inizio i ragazzi.

Il film racconta tutto questo con semplicità, mai con retorica patetica, e lo fa attraverso i volti giusti dei ragazzi, scelti per la loro intensità e talento interpretativo messo a servizio – all’inizio – dell’irriverenza; lo fa attraverso la bellissima colonna sonora di Bruno Coulais che attinge con sapienza al patrimonio di Rimskij-Korsakov. Bellissima la scena che ritrae i ragazzi suonare il violino sui gelidi tetti del quartiere di periferia.
Ciò che riscalda il film, in ultima analisi, è la passione, perché è sempre la passione a trasformare le situazioni educative difficili. Lo capisce bene il maestro di musica che, preso, in un primo tempo, dall’obiettivo da raggiungere, afferma che “Solo i migliori ce la fanno”, ma che alla fine, convertito al vero sentire educativo, dichiara che “Nessuno va lasciato indietro perché tutti sono fondamentali”.
Se vogliamo, il film ci pone una serie di interrogativi sul nostro agire: il mio affaticarmi e spendermi è solo per la “mia” riuscita professionale o è anche per la riuscita delle persone e della società di domani? Ecco, l’ago della bilancia sta proprio qui. Lo facciamo orientare verso i ragazzi? Solo così porterà la nostra riuscita alle stelle.

(Caterina Cangià, SE VUOI 4/2018)