CAST TECNICO

Titolo originale: Leave no trace

Regia: Debra Granik

Sceneggiatura: Debra Granik, Anne Rosellini

Fotografia: Michael McDonough

Montaggio: Jane Rizzo

Musiche: Dickon Hinchliffe

Scenografia: Chad Keith

Durata: 108’

Genere: Drammatico

Nazione: USA

Produzione: Bron Studios, First Look Media,

Harrison Productions

Distrib. Italia: Adler Entertainment

Uscita in Italia: 2018

CAST ARTISTICO

Ben Foster: Will

Thomasin McKenzie: Tom

Jeff Cober: Il signor Walters

Dale Dickey: Dale

Dana Millican: Jean Bauer

Alyssa Lynn: Valerie

Ryan Joiner: Tiffany

Ayanna Berkshire: Dottor Berkshire

Michael J. Prosser: James

Spencer S. Hanley: Il pastore

 

SENZA LASCIARE TRACCIA

Il soggetto, tratto dall’intenso romanzo di Peter Rock, narra di Will, un veterano della guerra in Iraq, affetto da disordine post-traumatico che lo porta a vivere a Forest Park, confinante con Portland, in Oregon, con la figlia tredicenne Tomasin, il cui nome è stato abbreviato dal padre in Tom. I contatti con la società sono ridotti all’indispensabile perché il padre non ce la fa a sopportare la presenza di numerose persone. Tutto fila liscio con il padre che istruisce la figlia nell’arte della sopravvivenza e le trasmette solide conoscenze, finché i due vengono scoperti e affidati ai servizi sociali, i quali li obbligano a vivere e a lavorare in una comunità dell’Oregon. Mentre il padre non accetta la vita che gli si prospetta, la figlia inizia ad ambientarsi e spalanca, con curiosità, occhi e cuore alle relazioni con gli altri. Sentendosi oppresso, Will decide di fuggire portandosi dietro la figlia e rifugiandosi in un casolare sperduto. Qui, accidentalmente, si ferisce a una gamba e, per aiutarlo, Tom è costretta a cercare aiuto. Con sua sorpresa trova persone gentili e ben disposte ad accoglierli e a dare loro una mano, senza per questo portare l’uomo all’ospedale e farlo riconoscere. Una volta ripresosi, Will sente forte, però, il bisogno di allontanarsi dalla civiltà per restare nella solitudine che si è costruita e isolarsi nuovamente. Le esperienze vissute da Tom le hanno però aperto la vista e la vita su tutto quanto esiste attorno a lei, e trova il coraggio di staccarsi dal padre. Con sofferenza da ambo le parti, padre e figlia sono costretti a dividersi.

Vari sono i temi che nel film s’intrecciano. Uno è il ritorno radicale, forse utopico, alla terra. L’altro è la libertà dai vincoli e dalle regole, dal frastuono e dalla superficialità; è il vivere al margine; è la vita negli schemi e fuori dagli schemi. L’altro ancora è l’ordine sociale ed economico, normativo e rassicurante, anche se non rende sempre felici. Soprattutto il tema della relazione genitore-figlio incarnato in Will e Tom, che in un rapporto quasi simbiotico, forma una diade che è in effetti una comunità con la sua filosofia e le sue regole di vita, condivise in un Eden silvestre.

In definitiva, Perché Tom ha “visto” e “assaporato” i valori che la comunità sociale ha in sé. Tom si sente “chiamata” a viverci e a prendere a piene mani ciò che offre e a offrire a sua volta ciò che ha coltivato in sé, grazie alla formazione datale dal padre. Will, pur soffrendo e sapendo che difficilmente la rivedrà, la lascia andare. La macchina da presa ne rivela lo sguardo, di un’intensità superiore a mille parole. In questo semplice ed espressivo finale si rivela tutto l’amore che il padre ha per la figlia e viceversa. La chiamata è più forte di ogni legame di sangue. Come non ampliare la riflessione alla chiamata per il sacerdozio e per la vita consacrata? Dio che pretende di essere amato più del padre e della madre, più del figlio e della figlia, non va contro la legge del cuore.

 

(Caterina Gangià, SE VUOI 2/2019)