…Mai dare per scontato un talento!

 

 

Sta’ attenta a quello che dici! Sta’ attenta a quello che scrivi!”.

Papà mi rimproverava spesso da bambina. Facendo balzare nell’aria que­sta cantilena, con lo sguardo sbieco, senza urla, mi sussurrava che avrei dovuto dosare bene le parole.
Ma io che ero così piccola e che l’unica cosa che sapevo fare bene era infilare i giusti termini in fila, proprio non capivo perché avrei dovuto dare retta a chi, in fondo, non aveva più della terza media.

Era la mia arma quella: sapevo bene parlare quanto scrivere. Perché avrei dovuto preoccuparmene? Perché invece non mi diceva di imparare meglio la matematica, perché non mi redarguiva sulle amicizie da frequentare, su come vestirmi?

Crescendo ho capito ciò che intendeva. Mi sono sempre preoccupata troppo di quello che non mi riusciva di fare. Di quello che non avevo, di quello in cui ero meno, permettendo a me stessa di essere sempre sotto accusa, sempre troppo poco. Obbligandomi allo sguardo ammirato (non senza invidia), nei confronti di chi, a fianco a me, invece riusciva.

Avevo sbagliato focus.

Un giorno, scrissi un pezzo per un amico, svogliatamente, senza porci troppa at­tenzione.
Non fu lo scritto giusto, sbagliai tutto. Il mio amico me lo disse. Ci rimasi malissimo. Ma era la verità: avevo svolto quel lavoro con poca cura, avevo dato per scontato un talento.
Avevo fatto male. Non mi ero occupata di gestire il peso del mio dono, della mia capacità. Ero stata leggera. Avevo supposto che quello che già possedevo fosse oramai acquisito, che non potesse sfuggirmi, né trasformarsi in qualcosa di orribile. Ma la cosa più orribile, allora, non fu tanto quello che avevo svolto, quanto il fatto che, intenta a dannarmi per le capacità che non possedevo, non mi fossi accorta di quanta bellezza avevo da curare.

(Francesca Tarantino, rivista SE VUOI 2/2022)