LA RETE, IL TUONO E LA CONCHIGLIA

GIACOMO DI ZEBEDEO

 

 

 

 

Mentre camminava lungo il mare…(Mt 4,18)

Immerso nella compagnia degli uomini – poveri e ricchi, malati e sani, pescatori e scribi, donne e uomini -, Gesù “vede” e il suo è uno sguardo che “fa essere”, che allarga le prospettive e gli orizzonti: sia per chi, con slancio, è tutto proteso a gettare le reti, sia per chi, ormai stanco, è seduto a rammendarle, contando i suoi successi e i suoi fallimenti. Il maestro ha lasciato Nazareth per percorrere i villaggi che si affacciano sul lago di Galilea, per sostare a Cafarnao crocevia di popoli, per osservare quanti passano lungo la “via del mare”. Chi lo ha preceduto nell’annuncio del Regno – Giovanni il battezzatore – ha fatto una brutta fine: è stato arrestato e ora rischia la testa. Gesù ne prende il posto e, fin da subito, coinvolge, chiama, invia. È lo stile del “Figlio di Dio”: all’inizio ha avuto bisogno di Maria e di Giuseppe, poi ha avuto bisogno di Giovanni il Battista, ora ha bisogno di quattro amici che presto diventeranno dodici… Gesù guarda le reti e pensa a tessere comunità; osserva i pescatori e sogna i “pescatori di uomini”; posa lo sguardo sulle barche e immagina traversate. I suoi orizzonti sono grandi e raggiungono genti e nazioni, ma partono sempre da persone comuni, semplici, quotidiane. Giacomo è una di queste.

Subito, lasciarono le reti e lo seguirono (Mt 4,20)

Giacomo, figlio di Zebedèo, lavora con Simone e Andrea. Questi sono stati chiamati mentre gettavano le reti. Gente in gamba, lavoratori che si danno da fare. Chiamati, hanno lasciato le reti, prontamente… ma è sbagliato pensare che abbiano subito lasciato tutto. Simone e Andrea non hanno lasciato né la barca né il padre, punti focali della loro “azienda di famiglia”. Hanno messo a disposizione la loro casa per Gesù, ma non l’hanno abbandonata. Noi oggi veneriamo la loro casa, chiamiamo Cafarnao “the town of Jesus”, dimenticando che qui Gesù, dopo gli entusiasmi degli inizi, non ebbe molto successo. È vero, Simone e Andrea si erano lasciati coinvolgere dal maestro ma erano stati reticenti a lasciarsi cambiare l’esistenza, i progetti, lo stile di vita. Non hanno mollato la barca e il padre. E non avrebbero lasciato nemmeno Cafarnao se Gesù non avesse insistito (Mc 1,38)! Nel prosieguo della loro vicenda, la barca e il padre diventeranno una tentazione. Lo abbiamo notato quando abbiamo riflettuto sulla seconda chiamata di Pietro, al capitolo 21 di Giovanni: nel momento in cui la comunità dei dodici sarebbe dovuta partire per la missione, Pietro si lasciò tentare dalla barca del padre e tornò a pescare sul lago (Gv 21,3)! Giacomo era presente.

Subito, lasciarono la barca e il loro padre (Mt 4,22)

Per Giacomo le cose sono andate diversamente. Insieme al fratello Giovanni, sembra promettere di più: i figli di Zebedeo, sempre menzionati con il nome del padre, lasciano sia la barca sia il padre e si mettono alla sequela del Maestro. Ma non illudiamoci: anche Giacomo non lascia tutto. Viene chiamato «mentre, nella barca, insieme a Zebedèo suo padre» ripara le reti (Mt 4,21). Non vuole sprecare tante energie investite a ricucire gli strappi. Così lascia il padre e la barca, ma resta ancorato alle reti che ha riparato con cura. Di quelle non si dice niente. E le reti gli giocheranno brutti scherzi. Quali sono le “reti” che impediscono libertà di movimento al figlio di Zebedeo? È la madre che sta alle costole di Giacomo e Giovanni, sponsorizzando i propri figli, senza accorgersi di strappare la comunione tra i discepoli (Mt 20,20); sono le convinzioni religiose e sociali che portano Giacomo a invocare il fuoco dal cielo sui samaritani, solo perché poco accoglienti verso Gesù (lc 9,54); è la ricerca dei posti di primo piano che dice quanto Giacomo sia legato alla mentalità del suo tempo e al codice d’onore che caratterizza la società romana (Mc 10,35); è il carattere impetuoso che gli attira il soprannome di Boanerghes, “figlio del tuono” (Mc 3,17). I primi chiamati non sono “grandi” per le loro virtù ma perché si sono lasciati plasmare dal Maestro.

Un uomo trasformato dalla Grazia

Quest’uomo legato alle sue reti non cesserà mai di usarle e alla fine, stando alla tradizione, oserà gettarle fino agli estremi confini dell’impero romano, in Spagna, anticipando il sogno di Paolo (Rm 15,24): da qui la venerazione che presto si diffuse nei suoi confronti. Questo ammiratore dei primi posti, non rinuncerà ai suoi desideri e, a forza di “dai e dai”, effettivamente, un primato lo conquisterà: quello di essere il primo tra i dodici ad affrontare il martirio (At 12,1-3). Questo figlio, tanto sponsorizzato dalla madre che lo tallona lungo la strada della sequela, farà tesoro anche di tante attenzioni: diventerà colui che a sua svolta sponsorizzerà tutti i cercatori in cammino facendone dei “pellegrini della fede”. Questo “figlio del tuono”, che distribuisce minacce e invoca il fuoco dal cielo a chi si rivela poco accogliente, diventerà un distributore di conchiglie destinate a contenere acqua che disseta e che accoglie per chi desidera seguire le vie misteriose della volontà di Dio. Complimenti giacomo, figlio di Zebedeo: oggi i pittori ti dipingono con il bastone e la conchiglia, due strumenti necessari al pellegrino per camminare e dissetarsi. Il Maestro di Galilea ti ha proprio trasformato! Aveva visto bene quando ti ha chiamato mentre stavi riparando le reti.

(Giacomo Perego, rivista SE VUOI 3/2017)