Commento al Vangelo secondo Luca 15,1-3.11-32

Quell’abbraccio che dà senso a tutto…

Se c’è qualcuno che sa parlare quello è Gesù. Leggere questo testo è come essere uno di quei pubblicani che stavano lì ad ascoltarlo. Ogni frase, ogni parola è messa nel modo giusto per dirti qualcosa. Sì, perché ogni parola di questo testo vuole parlare a te.
Commentare in poche righe un testo del genere è davvero difficile. Ho vissuto intere giornate di formazione, insieme ai miei ragazzi, solo su questo brano e ricordo che ogni volta emergevano temi diversi. Bisognerebbe proprio concentrarsi e leggere attentamente, parola per parola, il testo e vedere la bellezza del messaggio che Gesù vuole lasciarti.
La prima cosa che potresti notare leggendo il testo è la grande misericordia del Padre, e devo dire che avresti ragione, perché non c’è un testo migliore per descriverla: il Padre che aspetta questo figlio che ha speso tutta la sua parte, e al suo ritorno lo abbraccia e lo accoglie in lacrime, felice per averlo ritrovato, è l’immagine perfetta della misericordia di Dio. Quindi  verrebbe da dire che il testo parla del perdono – e invece no, parla di molto altro.

Vorrei sottolineare il momento in cui il figlio perde tutto e, dopo un periodo di sofferenza e di fame straziante, finalmente torna in sé, capisce che ha fatto una stupidaggine, e decide di tornare a casa. È proprio qui che commette il secondo errore: da solo decide che il padre deve trattarlo come uno dei suoi schiavi. Non solo gli ha chiesto la parte di patrimonio, non solo lo ha lasciato nell’angoscia di non sapere se sarebbe tornato, no, ora vuole anche decidere che trattamento il Padre dovrà riservargli. Come si dice a Roma “figlio mio datte ’na regolata”. È, infatti, proprio qui che c’è lo sbaglio più grande di questo giovane pentito, quello di pensare che non è degno di essere più considerato figlio del padre. Non vale la pena perdonare quel figlio che ha fatto ciò che voleva. Questo purtroppo è uno dei pensieri che alcune volte tormentano anche noi: non siamo degni di essere perdonati, non siamo degni di essere amati, non siamo degni di andare avanti cosi. «Allora che ci faccio di me?». Purtroppo anche la società di oggi molto spesso ci fa sentire così: «Con te non ci facciamo nulla». Pensi che sei da buttare? Fermati, fermati subito ma che sei pazzo? Non se butta niente, se ti senti così allora ancora non hai capito quanto è importante la tua vita, quanto è bella la tua vita; se ti senti così allora vuol dire che ancora non sei tornato a casa a riabbracciare il Padre. Sì, perché nel momento in cui lo riabbracci, capisci che non solo meriti questo perdono, ma che ne hai proprio bisogno, perché è in quel momento che ti riconosci veramente amato e una volta provato questo amore non lo lasci più.

Di cosa parla questo testo allora? Di Amore, quello vero, quell’amore che ti lascia libero di partire per un viaggio a sperperare tutto, quell’amore che ti fa rendere conto di quanto sei prezioso agli occhi di Dio e degli altri, e allo stesso tempo parla di perdono, perché non esiste perdono senza amore, ma non esiste nemmeno amore senza perdono.

(Francesco Mancini 31 anni)