–  GRANDI SPERANZE –

romanzo di Charles Dickens

 

 

Il ragazzo si chiama Pip, la ragazza Estella e già questo baste­rebbe per sospettare che non siano fatti l’uno per l’altra: lei con un nome da astro irraggiun­gibile, lui con un nomi­gnolo infantile del quale non riesce a sbarazzarsi, nonostante il tempo stia passando e le aspettative per il futuro si ingiganti­scano sempre di più.
GRANDI SPERANZE è uno dei più bei romanzi di Charles Dickens, che ha sempre scritto romanzi bellissimi: Il Circolo Pick- wick, Oliver Twist, David Copperfield, Casa deso­lata, quel piccolo capola­voro che è Un canto di Natale e quell’enigma in­solubile che è Il mistero di Edwin Drood, il libro che Dickens lasciò incom­piuto alla sua morte e che non sapremo mai come andrà a finire.
Al contrario, Grandi spe­ranze (pubblicato origi­nariamente fra il 1860 e il 1861) di finali ne ha addi­rittura due, non proprio in contraddizione tra di loro, ma abbastanza di­versi per consentirci di ragionare più a lungo sul significato del racconto. Le “grandi speranze” di Pip nei confronti di Estella sono destinate a dis­solversi come un’illusione di gioventù oppure anche nella vita adulta ri­mane spazio per la bel­lezza di cui si è sognato durante l’adolescenza? Da principio Dickens sembrava del primo parere, ma poi, sollecitato da amici e lettori, decise di dare un’ultima opportu­nità ai suoi personaggi. Niente di clamoroso, si capisce, solamente un gesto piccolissimo, che potrebbe perfino sfug­gire, se la letteratura non fosse anzitutto un’educazione al dettaglio, un tentativo di comprendere il mondo a partire dai segni più nascosti.
Nel corso del romanzo, del resto, lo stesso Pip ha imparato a dare im­portanza agli indizi concentrandosi anzitutto su quello che semplicemente sono e senza più af­frettarsi a trarre le conclusioni che più gli piace­rebbero. Crescere signi­fica confrontarsi con la realtà, magari scoprendo che la realtà stessa è più sorprendente di qualsiasi previsione.
Per buona parte del romanzo Pip non riesce a comprendere che cosa gli stia accadendo e que­sto è forse il principale motivo di interesse di Grandi speranze. Non è che noi lettori ne sappiamo più di lui, sia chiaro, ma il protagonista è così onesto e fiducioso, il suo cuore è così limpido da farci pensare che non possa sbagliarsi. O, meglio, che Dickens non possa essere tanto antipatico da trascinare su una falsa pista Pip e noi lettori in­sieme con Pip. Ma poi, una pagina dopo l’altra, ci rendiamo conto che l’autore non ha alcuna colpa: i pezzi del rompi­capo erano tutti lì, in vista, siamo stati noi a riordinarli in modo sbagliato.

Di famiglia poverissima, Pip può permettersi di studiare e di ricevere una educazione “da gentiluomo” grazie alla generosità di un benefattore che sceglie di restargli sconosciuto. Un’idea però lui se l’è fatta: il suo angelo custode dev’essere per forza Miss Havisham, una donna anziana e piuttosto bizzarra, che vive in una villa in decadenza all’interno della quale ci si può imbattere in una torta nuziale confezionata chissà quanti anni prima e ormai ridotta a un monumento ammuffito. È vero che Miss Havisham è molto scontrosa, ma con lei vive la meravigliosa Estella, della quale Pip si innamora a prima vista. L’ipotesi più probabile – si persuade – è che tutte le sue vicissitudini non siano altro che una prova da superare per dimostrare di meritarsi Estella. Miss Havisham non è forse ricca? Chi, se non lei, potrebbe preoccuparsi del futuro di Pip? La verità è che, nonostante sia ancora molto giovane, Pip farebbe meglio a riconsiderare il proprio passato. Forse c’è già stato un incontro capace di cambiargli la vita, forse il dono che ora sta ricevendo è la conseguenza di una buona azione che lui stesso ha preferito dimenticare, perché a volte capita anche questo: di voler dimenticare quello che abbiamo fatto di più giusto e importante. I motivi possono essere molti, ma il più frequente consiste nella diffidenza che alcune persone suscitano in noi. Al contrario di Estella, che incanta anche quando si comporta in maniera scostante, c’è stato qualcuno che Pip ha conosciuto in circostanze straordinarie e del quale continua ad avere paura. Questo ragazzo, insomma, ci assomiglia davvero tanto. Non capisce quasi nulla di sé né di quello che gli succede, eppure è sempre pronto a dare una spiegazione per tutto. Per lui, come per ciascuno di noi, diventare adulto non sarà un’impresa facile, ma senz’altro Pip riuscirà a cavarsela. Perché ha imparato a leggere il mondo, tra un errore e l’altro. Perché adesso sa quanto può essere prezioso uno sguardo e quanta salvezza può venire da una carezza appena accennata.

(Testo di Alessandro Zaccuri, rivista SE VUOI 2/2020)