Un SORRISO
per imparare a volare

 

 

Lo sapevi che quando sor­ridiamo sono coinvolti fino a 15 muscoli facciali? Una sorta di ginna­stica gratis per il viso. Si potrebbe quasi azzardare uno spot, già vedo i cartelloni pubblicitari “Più ridi, meno invecchi”. Eh sì, perché se alleno i muscoli facciali ridendo, avrò sicuramente un viso tonico e senza rughe no?! Ok, ok, forse no… ci ho provato, ma lasciamo perdere…

Facciamo un esercizio allora: prova ad abbozzare un sorriso, sì, pro­prio ora, provaci!  Tranquillo, nessuno ti sta guardando e se anche qualcuno dovesse guardarti pensa che bella immagine ve­drebbe. Ecco, sorridi, ma provaci con since­rità, con gusto. Come dici? Non hai niente per cui sorridere?
Pensa al tuo primo bacio, a quando hai preso 30 (basta anche un 26), a quella volta che hai cantato a squarcia­gola, a quando hai perso 1 kg o a quando l’hai preso (beh, in questo caso io piangerei), a quando lui/lei ha guardato la tua storia Insta­gram e avete incominciato a chattare… Spero che almeno un sorriso sia riuscita a rubartelo.

Dopo questo esercizio, hai notato come si sta meglio? Sbaglio? È veramente automatico, ma ci devi far caso per ca­pire.

 

Quando mi è stato pro­posto di scrivere questo articolo mi sono entu­siasmata. Un po’ perché riconosco che il senso dell’umorismo è una dote di famiglia; un po’ per curiosità, perché è un tema che non avevo mai affrontato… Allora pro­grammo la serata per dedicarmici e carico il pc. Tutto è pronto. Poi, una dopo l’altra una serie di brutte notizie, tanta stanchezza accumulata e un esonero uni­versitario sbucato dal nulla e fissato a distanza di pochi giorni. Ed ecco il domandone: «E ora come faccio? Non sono in vena…». Ma l’umorismo non è qualcosa da programmare, è una corrente da cui la­sciarsi trascinare per imparare a volare (pro­prio come fa Trilly con Peter Pan) e vola solo chi sta leggero, solo chi non punta i piedi per terra, solo chi non resta ag­grappato a un punto di vista.
Ridere è un po’ come aprire una finestra in una stanza completamente buia: quel luogo cupo in cui non riuscivi neppure più a distinguere le cose, ora è pieno di luce.
Del resto, anche Papa Francesco invita spesso a usare il senso dell’umorismo e mi piace im­maginare che lo stesso Gesù fosse un uomo capace di sorridere e far sorridere di buon gusto.
Noi ce lo immaginiamo mite, contemplativo… e sicuramente sarà stato così, ma perché non im­maginarlo anche diver­tito dalle non poche gaffe dei suoi apostoli? Te la immagini, ad esem­pio, la faccia che può aver fatto quando Nicodemo di notte gli ha chiesto se occorreva rientrare nel grembo delle proprie madri per rina­scere dall’alto? (Gv 3,1-8). Ci sono molte scene dei Vangeli nelle quali sarebbe interessante soffermarsi e rileggerle con un sorriso.


Ma perché poi fa così bene ridere?
Perché l’umorismo è la capacità di cogliere una prospettiva diversa della realtà, per poi condi­viderla con gli altri.
E poi ridere è il naturale rimedio alla tristezza.  Certi “mali” si curano con il proprio contrario.

Personalmente, mi capita spesso di ritrovarmi ripiegata su di me, a pensare alle “cose mie”; i miei pochi neuroni gi­rano su se stessi appe­santendo la testa e il cuore, e sento come un enorme zaino sulle spalle; più penso e più si ap­pesantisce. Accade allora che quando qualcuno mi fa ridere di gusto, la sensazione che ho è come se questo qual­cuno tagliasse di botto le cinghie dello zaino fa­cendomi tornare leg­gera! Che bello sarebbe, allora, se tutti vives­simo sentendo il bisogno di far cadere i pesi altrui, non necessaria­mente con i discorsoni impegnativi (che sicura­mente aiuteranno), ma con una semplice frase detta al momento giu­sto, talvolta anche ri­schiando. Eh sì, perché ti si gela il sangue quando magari azzardi una battuta, anche divertente, e l’altro ti guarda come fossi matto. Ma matto è chi non ride mai, chi prende la vita troppo sul serio al punto da scavarsi una fossa nell’animo. Matto è chi ha l’immaginazione spenta perché non sa osare più. Io, dal canto mio, voglio rischiare figuracce, ma non voglio smettere di volare!

(Roberta La Daga, rivista SE VUOI 3/2022)