Per tutta la vita

di Anna e Paolo Cruciani

 

 

 

Vorremmo raccon­tare una storia coinvolgente, una storia dal ritmo incalzante e capace di tenervi con il fiato sospeso. Una storia avvincente il cui finale potesse lasciarvi a bocca aperta. Potremmo, ma non sarebbe la nostra storia.
Vi raccontiamo invece una storia come tante altre che il Signore ha trasfor­mato rendendola affasci­nante. Noi siamo Anna e Paolo, sposi e genitori di tre fantastici e terribili ragazzi. Ci siamo incontrati “per caso” 25 anni fa in un piccolo Paese straniero, impegnati nel volonta­riato.
Arrivavamo da due città diverse, modi di vivere e mentalità opposte, ci siamo frequentati, ci siamo innamorati e ci siamo sposati. In quel “per caso” ab­biamo intuito un disegno e abbiamo capito che sposarci nel Signore avrebbe fatto la differenza anche se ci avrebbe chiesto di andare contro il comune buon senso.

In un mondo in cui il ma­trimonio viene sempre più svuotato di significato e visto come una tradizione di altri tempi ormai su­perata, pensare di legarsi ad un’altra persona per sempre viene visto come un ostacolo alla realizza­zione di se stessi.
In un mondo che sembra girare sempre più vorti­cosamente e in cui si vive un tempo esponenziale in cui tutto cambia continuamente, in un mondo così frenetico sembra intolle­rabile ancorarsi al peso della formula matrimo­niale “per tutta la vita”.
Nella migliore delle ipo­tesi si associa questa frase a una vita fatta di noia infinita e nel peggiore dei casi, invece, ad una con­danna senza appello.
Allora sposarsi e, ancora peggio, sposarsi in Cristo richiede la follia di andare controcorrente o sempli­cemente il coraggio di fi­darsi del Signore.
E noi ci siamo fidati. Quel giorno in cui noi ci siamo detti “sì” abbiamo accon­sentito a che Lui entrasse nella nostra vita. Il Signore da tempo bussava de­licatamente alla porta della nostra relazione e noi con quel “sì” gli abbiamo spalancato le porte dei nostri cuori e lo abbiamo accolto. Che meraviglioso giorno, primo di una lunga serie che ancora oggi continua e che continuerà finché noi avremo la forza e il coraggio di continuare ad accoglierlo.

Con Lui il nostro “io e tu” si è trasformato in un “noi”, le nostre singole storie in una nuova grande storia d’amore. Con Lui abbiamo imparato ad acco­glierci e ad amarci nonostante i nostri limiti, le in­comprensioni, gli attriti, le stanchezze, le difficoltà di ogni giorno.
Una vita quotidiana fatta di gesti semplici, rispetto, affetto, accoglienza per i difetti e le ricchezze del­l’altro.
Una storia come tante altre fatta di cadute e riprese, dolori e gioie, delusioni ed entusiasmi, sconfitte e vittorie. Una storia qualunque trasformata dalla Sua presenza in una storia speciale.

“Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!” – diceva Giovanni Paolo II. Il Signore ci chiamava a spalancare il nostro cuore, a testimo­niare la gioia di essere sposi, a costruire la nostra casa sulla roccia.
“Testimoniare” una parola semplice, ma allo stesso tempo piena di implicazioni e di interrogativi. Quale carico di impegni comporta testimoniare? Come testimoniare? Cosa testimoniare? Quando te­stimoniare? A chi testi­moniare?

Abbiamo avuto la grazia di aver conosciuto L’ISTI­TUTO SANTA FAMIGLIA (www.istitutosantafami­glia.org) e di esser entrati a farne parte. Qui abbiamo capito che il Signore non ci chiama a fare, ma ci chiama ad essere. Il fare viene come conseguenza dell’essere. Si testimonia nella misura in cui si cerca di vivere la nostra vita quotidiana secondo gli insegnamenti di Gesù.
Il sentire di essere amati da Lui ci spinge a cono­scerlo, a seguirlo, a voler stare con Lui e poi a sco­prire l’invito di Gesù: “Andate”. Un invito incal­zante, una costante in tutto il Vangelo.
Papa Francesco ce lo ri­corda quando ci dice che noi non abbiamo una missione, ma che siamo una missione. Non si è missio­nari e quindi testimoni solo negli incontri nelle co­munità parrocchiali, in­contrando giovani, famiglie, coppie che seguono un percorso prematrimo­niale o incontrando i ge­nitori che vogliono battezzare i propri figli. Non si può essere missionari a orario, la missione non è una richiesta di un datore di lavoro che ci dà un in­carico da svolgere. La missione è una necessità, un destino, un piano di Dio.
Gesù ci manda in mis­sione a fare quello che fa­rebbe Lui. Avere la consapevolezza che dove siamo noi c’è anche Lui è una verità talmente grande da far tremare le gambe. Eccoci quindi sposi chiamati ad essere dono non solo l’uno per l’altro ma per chiunque incon­triamo lungo la nostra strada. Per testimoniare allora non è più necessario rispondere a tutta quella serie di domande sul quando, dove, a chi e cosa…
Testimoniare viene come conseguenza di una luce interiore dello Spirito ca­pace di suscitare in noi quella creatività, capacità di intuire cosa fare, cosa dire o cosa non dire nelle diverse situazioni di tutti i giorni e in tutti i contesti sociali a partire dalla no­stra famiglia.

Solo con questa consa­pevolezza si riesce a ri­baltare il comune buon senso e ad assaporare la bellezza del matrimonio cristiano arrivando a ca­pire che quel “per sem­pre” non sarà mai abbastanza.