Come potrei capire se nessuno mi guida?

Estratti dal Sussidio a cura dell’Ufficio Nazionale per la pastorale delle vocazioni

PRESENTAZIONE

don Michele Gianola – Direttore UNPV – CEI

«Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo» (Evangelii Gaudium, 273
). Come guidare a questa scoperta?
Da dove incominciare?

Il sentiero è quello dello Spirito, che accompagna dalla scorza al nocciolo, dalla superficie alla profondità della vita e delle realtà (Col 2,7). È un cammino verso se stessi e la propria verità, una strada che conduce necessariamente verso gli altri, in una vita spesa a servizio della carità di Dio. Cinque passi: accendere la ricerca e la sete di Dio, raccontare che di Lui siamo figli ed è questa la nostra più vera identità, condurre a fare memoria della propria storia, lasciar emergere i desideri del cuore alla ricerca di quelli più veri e discernere l’esercizio della libertà

IL MESSAGGIO DEL PETALO DI ROSA

Il Maestro dei Maestri, il Grande Guru, traboccava di ricchezza interiore.
E siccome la sua anima traboccava, suo scopo e suo desiderio era di riversare sugli altri l’abbondanza della sua saggezza, disperdendo le tenebre dell’ignoranza. Ma difficilmente qualcuno accetta di essere l’oggetto su di cui si riversa uno straripamento.

Anzitutto, perchè tutti credono di essere già tanto colmi da averne d’avanzo; e poi, essere “straripati”, ossia disturbati, non manca di suscitare un pò di sgomento.

Avvenne così che un giorno il Grande Guru si recò a visitare il luogo di ritiro dove parecchi monaci Sufi vivevano in grande concentrazione spirituale. L’arrivo del Maestro suscitò grande subbuglio. “Misericordia”, dicevano i monaci, “costui vorrà ancora farci imparare qualcosa? Abbiamo già il nostro da fare a non dimenticare quello che sappiamo. E poi, qui dentro siamo già troppi. Ognuno vuol dire la sua e si finisce col non capirci niente. Facciamogli dunque comprendere, con qualche segno che non lo offenda, che il nostro convento è al completo, che non c’è posto per lui”.

Perciò il Capo dei Sufi gli fece portare una coppa ricolma di latte, volendo significargli: questo luogo è già sovraffollato di maestri spirituali, non c’è posto per te. Quando la coppa gli venne presentata, il Grande Guru la osservò, poi sorrise, e, colto un petalo di rosa, lo depose a galleggiare sul latte.

Il messaggio voleva significare che come il petalo di rosa galleggiava sul latte senza farlo straripare dalla ciotola, così anche in quel luogo la sapienza del Maestro poteva trovar posto senza sconvolgere le coscienze.

Il messaggio fu compreso, e le porte del romitaggio vennero spalancate di fronte all’ospite sacro.


Baba Bedi
Guru Baba Nanak

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“Puoi darmi una mano per capire la mia vocazione?”

Mi pare di leggere in te una domanda forte e centrale, alla quale fai bene a prestare attenzione: “come capire la mia vocazione?”. Spero tu abbia già incontrato persone che ti hanno detto di non possedere soluzioni facili per la tua domanda, ma ti abbiano offerto la loro presenza per aiutarti a capire. Da parte mia, attraverso lo spazio breve di questa risposta, desidero fare un tratto di strada con te. Per questo ti propongo di percorrere insieme alcuni “passi di discernimento”. 

 

La vita è bene ricevuto che tende a divenire bene donato (Nuove Vocazioni per una Nuova Europa, 36b)

Queste parole sono forti, centrali. Probabilmente, quando in vari modi ti vengono ripetute, le senti un po’ enigmatiche e ti mettono dentro una certa inquietudine. Eppure, per capire che cosa devi fare, è necessario partire da ciò che già possiedi. Non c’è dono più grande nelle tue mani della tua vita! Un bene ricevuto all’insegna della totale gratuità. Quando si parla di vocazione è come respirare a pieni polmoni la “gratuità originaria”, da cui vieni e a cui sei chiamato ad andare. Solo da lì puoi incamminarti per quella impegnativa e gioiosa fatica del comprendere come puoi diventare tu stesso dono.

Scopri la tua vita come storia personale di salvezza

Per conoscere qual è la volontà di Dio su di te è importante saper tenere unite e far camminare all’unisono la tua esperienza umana e spirituale. Ogni volta che le separi, ti allontani da quella stessa via dell’incarnazione scelta da Gesù per assumere fino in fondo la condizione umana. Se vuoi capirci qualcosa di più di quanto il Signore ti chiede, è necessario entrare in una relazione personale con lui, lasciando che Gesù ti faccia conoscere l’amore fedele con il quale il Padre ti ama.

Non è sufficiente che i dati della fede raggiungano la tua testa, ma è necessario che plasmino il tuo cuore e muovano il tuo agire. Solo così i valori del Vangelo diventano in te orientamento di vita, e inizio del cammino capace di portarti a vivere gli stessi sentimenti di amore e donazione vissuti da Cristo. Per far questo ci vuole tempo e una continua lettura di quanto hai vissuto. In questo modo puoi riconoscere i segni della sua chiamata e riscrivere la tua personale storia di salvezza.

Fare la gioiosa, e a volte dolorosa, fatica di rileggere la vita come personale storia di salvezza ti porta piano piano ad accogliere in senso globale ciò che sei. Così impari ad apprezzare il bene presente in te, a godere di ciò che sei e di ciò che hai ricevuto come capacità, doni, abilità, attitudini; impari a ringraziare per quanto hai ricevuto nelle tue relazioni familiari, amicizie, persone significative, e ad accogliere quanto non hai ricevuto. Lì ritrovi i segni della fedeltà di Dio.

Nella ricerca devi esserci tutto! È solo nell’esperienza del mettere a disposizione tutto ciò che sei per compiere quanto il Signore ti chiede, che la tua risposta diventa autentica. Mi pare di sentire l’intonazione della tua voce mentre sottolinei quanto non hai ricevuto o non hai di doni e possibilità! All’inizio di un cammino di ricerca si è quasi sempre convinti che è troppo poco quello che si ha a disposizione… Cerca di tener presente però che su ciò che non hai, o pensi di non avere, è improbabile riuscire a costruire. Perciò, RICONOSCERE, ACCETTARE, RINGRAZIARE È UNA VIA PER CAPIRE.

Questa è anche la strada per saper godere del bene presente negli altri, e per servirli con la stessa amabilità con cui desideri essere amato tu.

La tua ferita, feritoia dell’amore

In questo riconoscimento di te, incontri anche i tuoi limiti, debolezze, ferite… probabilmente non avresti immaginato ci fossero e tanto meno le vorresti avere! Ogni nostra ferita ci ricorda innanzitutto il nostro essere creature e quindi fragili; ci ricorda anche la nostra realtà di peccato e il bisogno di essere perdonati. È in questa fragilità che puoi fare esperienza dell’amore di Colui che ti chiama.

In ogni persona c’è una ferita centrale che ricorda il bisogno fondamentale per ognuno di essere amato e di riconoscersi amabile. Perchè ci sia discernimento della volontà di Dio, ciò che conta non è fare come se questa ferita non ci fosse, ma farla diventare il luogo dell’incontro con il suo amore, il luogo dove la tua debolezza diventa la sua forza. Credo che anche in te abiti la paura di non contare niente agli occhi degli altri, la paura di non essere accettato, o di credere che non valga la pena amare perchè c’è sempre qualche probabilità di rimanerne schiacciati. Probabilmente anche tu temi di scegliere perchè pensi che questo significhi restare solo e intraprendere una via senza ritorno…

Ma forse Gesù ti ha fatto vedere una strada alternativa a quella dell’amare fino a dare la vita?! Solo così tu impari a trasformare la tua ferita in feritoia, da cui poter guardare oltre, fino ad arrivare a riconoscere e ad amare le ferite di chi incontri. In fondo, ogni feritoia permette alla luce di passare tanto quanto basta per rischiarare anche il luogo più oscuro!

Ogni vocazione, in fondo, non è un chiuso ripiegamento su di sé, ma una continua uscita da sé per trovare il modo personale di amare. Per questo, puoi trasformare la tua vulnerabilità in possibilità d’incontro, accoglienza, comprensione dell’altro. La tua ferita è il luogo in cui Dio ti visita con la sua grazia, e vuole che tu visiti con la grazia che a tua volta hai ricevuto. In questo modo il tuo punto fragile può realmente diventare il tuo punto forza per orientare la vita.

La via dell’interiorità

C’è un punto chiave che può disporti a vivere il discernimento vocazionale, e mi piace chiamarlo la via dell’interiorità. Solo se sei disposto a percorrere questa via della discesa in te puoi riconoscere la varietà e ricchezza del tuo mondo emotivo, riconoscere i tuoi desideri più veri, cercare le motivazioni profonde di ciò che fai, il perché delle tue scelte e confrontare i tuoi valori di riferimento con quelli del Vangelo. Per capire cosa Dio vuole da te, bisogna sempre fare un’operazione di scavo. Quanto Egli ti vuole dire non è mai apparentemente evidente.

Nella preghiera, per esempio, luogo privilegiato per comprendere la volontà di Dio, tu puoi dare un nome a quanto desideri. È da ciò da cui sei attratto, ti piace, suscita in te interesse… che trovi la spinta per la ricerca. Ed è anche in ciò che ti attrae, provoca, suscita il tuo interesse che Dio ti chiama. Se non ti accontenti di fermarti al primo desiderio che riconosci in te, e che forse parla solo della tua realizzazione personale, puoi incontrare quel desiderio che ti spinge a canalizzare tutte le tue facoltà di mente, volontà, cuore verso ciò che capisci essere bene per te. Questo desiderio ti apre la porta dell’essere dono. Nella verità di quanto desideri, nell’orizzonte di ciò che sei ma anche nello spazio dei tuoi ideali, stai risalendo fino a comprendere che cosa desidera Dio in te.

La proposta evangelica è proprio quella “buona notizia” che incontrando i tuoi desideri li trasforma e ti annuncia il dono vocazionale che Dio ti affida. Lasciare che la proposta di Cristo ti plasmi al punto di far tue le sue scelte, significa che la via del “perdersi per ritrovarsi” (Mc 8,35) è la sola che esprime al meglio ciò che sei e ti realizza come persona. Ed è a questo punto che l’arte del discernimento, sperimentata e vissuta con fatica ma anche con gioia, può aiutarti a leggere i segni che distinguono l’una dall’altra vocazione e a farne oggetto di ulteriore discernimento per capire ciò che il Signore ti chiede.

Tu non sei un vuoto da riempire ma sei “una conca d’acqua che trabocca per troppo pieno” (beato G. Alberione). Lo spazio della gratitudine apre alla gratuità e il rispondere all’amore diventa donazione in quella via che più di ogni altra ti fa essere segno dell’amore che il Signore vuole continuare a riversare sulle tante povertà di oggi. Sarà questo che ti porterà a fare scelte più conformi alle scelte di Cristo.
Capire meglio la propria vocazione significa vivere, giorno dopo giorno, nell’arte del discernimento ogni tua scelta di vita. Non è semplice, ma è interessante comprendere i motivi di quanto fai. Nelle piccole o grandi situazioni che ti interpellano, nelle scelte che hai incominciato a fare per dare gusto alla tua vita… certamente sei motivato da tanti perché. Presta attenzione se riconosci anche un per chi lo fai… Se comprendi che la persona di Gesù c’entra qualcosa con le tue scelte… apriti alla fiducia, e nel tuo “eccomi” ascolta la sua parola di conferma, quella che t’invita a non temere: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me… Io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14,1.6).

di Marina Beretti ap
Rivista SE VUOI 4/2004