Armida Barelli

di Barbara Pandolfi

Conosciuta come la Sorella Maggiore, Ar­mida Barelli fu davvero sorella per molte giovani donne alle quali dette visibi­lità e voce, dopo secoli di silenzio, nella so­cietà e nella Chiesa ita­liana tra Ottocento e Novecento.
Una fraternità (meglio, una sororità) che per­mise alle giovani di abitare da protagoniste le grandi trasformazioni sociali dovute a due guerre mondiali, all’avvento del fascismo, fino alla scelta della Repubblica e alla prima esperienza di voto per le donne.
Armida (Ida) nacque a Milano nel 1882 da una famiglia dell’alta bor­ghesia, animata da va­lori umani e risorgimentali, ma lontana dalla pratica religiosa. Non nasce dunque “cristiana”.
Assetata di pienezza di vita e di senso, arriva progressivamente alla fede grazie ad alcuni incontri significativi. La sua ricerca trova, nell’incontro con il Signore, un amore che non delude, un cuore aperto (il S.Cuore) sul quale porre fiduciosa la vita.

Accogliendo l’invito di Benedetto XV, nel 1918 fonda la Gioventù Fem­minile Cattolica (GF) in Italia. Sostenuta solo dalla fede nel Signore e dalla benedizione della Chiesa, supera le sue paure e viaggia in tutta la penisola, da sola, tra le rovine della prima guerra mondiale, su mezzi di fortuna, par­lando in pubblico, tenendo testa allo scetticismo di alcuni vescovi, coinvolgendo le giovani di ogni classe sociale, dal nord al sud e chiedendo loro di vivere la fede assumen­dosi un impegno nella società.
Le giovani rispondono con en­tusiasmo, formandosi attraverso lo studio e il confronto; con la loro determinazione e coe­renza contribuiranno a cam­biare la condizione delle donne nella società e nella Chiesa.
Armida lavora con p. Agostino Gemelli, socialista, medico e scienziato, convertito e dive­nuto frate Minore. Gemelli non sarà il suo padre spirituale; la loro collaborazione è fondata sulla stima, il rispetto, l’autono­mia. Un modello ancora significativo e attuale di reciprocità e di relazioni alla pari tra uomini e donne nella Chiesa.
Nel 1921, Gemelli e Barelli daranno vita al­l’Università cattolica del Sacro Cuore e, suc­cessivamente, all’Opera della Regalità, per offrire al popolo di Dio il solido nutrimento della vita liturgica.
La lunga ricerca vocazionale di Ida e la sua spi­ritualità francescana la portano alla scelta della consacrazione nel mondo, dando vita all’Istituto secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo. Una strada che spinge a ripensare in modo nuovo il rapporto Chiesa-mondo e che sarà così innovativa da richiedere circa trent’anni prima di essere approvata ufficialmente dalla Chiesa.
Il cammino terreno di Ida termina il 15 agosto 1952 a Marzio, dopo due anni di progressiva paralisi. Viene beatificata il 30 aprile 2022, nel Duomo di Milano.

Le sue “opere”, ancora tutte esistenti, testimoniano un messaggio attuale anche per l’oggi.

Da alcuni scritti di ARMIDA

Chiediamo a Gesù che ci conceda il dono della pre­ghiera. Occorre saper pregare: preghiera semplice, pura, ardente, fatta con incondizionata fede. Pre­ghiera che fa realizzare le promesse di Gesù: «Do­mandate e riceverete, bussate e vi sarà aperto, cercate e troverete».
A. Barelli, La sua voce. Dalle lettere di Armida Barelli, Pro manuscripto 1978, pag. 52

Lasciate al Signore la cura del vostro avvenire, pre­occupatevi dei suoi grandi interessi. Vedrete come provvederà bene a voi il Padre che sta nei cieli, se voi con zelo e amore lavorerete per lui.
A. Barelli, La sua voce. Dalle lettere di Armida Barelli, Pro manuscripto 1978, pag. 63

Sorelle dilettissime nel S. Cuore, quando leggerete queste righe, la vostra prima “So­rella Maggiore” sarà morta.
Ma essa, che è stata il povero strumento per la diffu­sione della cara Gioventù Femminile e vi ha amate, una per una, nel Cuore adorato del suo Gesù, vuol farvi giungere anche dall’al di là una sua parola, una supplica ardente. Supplica, anzitutto: non acconten­tatevi di essere le tiepide socie della G.F. di A.C., non accontentatevi neppure di essere “buone alla buona”: apostole vi voglio, apostole che amano e fanno amare il Signore! (Dal Testamento alla G.F.)

O Gesù, quello che ho, quello che sono, eccolo.
La mia attività tutta intera, prendila nella tua
e fai con essa l’opera della Tua gloria.
Dimmi quello che vuoi, lo vorrò io pure;
mandami dove vuoi, ci volerò,
caricami di lavoro, mi ci dedicherò
interamente con gioia;
il dolore stesso (con la Tua grazia)
lo trasformerò in amore.
Dagli scritti di Armida Barelli, 1921

Abbiamo bisogno di parlare a Dio fatto uomo, di stringerci a lui, di faticare sotto il suo sguardo, di ri­posare nel suo cuore. Dio è così grande, che nella povera anima nostra il timore potrebbe avere il so­pravvento, invece davanti a Gesù l’anima si apre alla confidenza e all’amore. Egli è uno di noi.
agosto 1911

(Rivista SE VUOI 4/2022)