mons. JUAN GERARDI
testimone-martire di giustizia e di pace

di Anselmo Palini

 

Nunca más! 
“Mai più” sequestri, assassinii, violenze, massacri, torture, desaparecidos! 
Nel Guatemala della seconda metà del Novecento, oppresso da feroci dittature militari, la voce del vescovo Juan Gerardi (1922-1998) si è levata alta e forte a chiedere verità e giustizia per le migliaia di vittime della repressione e della violazione dei diritti umani. Divenuta scomoda per il potere politico, militare ed economico che dominava nel Paese, è stata messa a tacere per sempre, al pari di quella di migliaia di catechisti e delegati della parola, sacerdoti, religiosi e religiose, oltre a leader politici e sindacali.
Il Guatemala è stato infatti un popolo di martiri, un popolo crocifisso, e per questo “suo” popolo Juan Gerardi ha dato la vita.
Juan Gerardi è stato infatti massacrato a colpi di pietra il 26 aprile 1998 due giorni dopo avere presentato nella cattedrale di Città del Guatemala il rapporto: Guatemala “Nunca Más” in cui erano documentati i massacri, le violenze e le gravi violazioni dei diritti umani nei 36 anni di guerra civile e di brutali dittature militari che hanno insanguinato questo piccolo Paese dell’America centrale.
Ma la testimonianza di questo vescovo martire, ancora poco noto in Italia, continua oggi a interpellarci e indicarci la strada per un altro mondo possibile, dove finalmente, come afferma il testo biblico, “sia osservato il diritto e praticata la giustizia”.
La “voce dei senza voce”, il “vescovo dei diritti umani!”, il “Romero dimenticato”, in tutti questi modi è stato indicato Juan Gerardi.
Il cardinale guatemalteco Alvaro Ramazzini Imeri, altro grande grande testimone di fede, di giustizia e di pace, sopravvissuto fortunosamente agli squadroni della morte, ha scritto che la vita di Juan Gerardi è stata caratterizzata dalla passione per la verità, per la giustizia, per la libertà, per l’amore nei riguardi dei poveri e degli esclusi. 
A sua volta il vescovo brasiliano dom Pedro Casaldáliga, in una bellissima lirica che ha dedicato a Juan Gerardi, lo ha indicato come martire della memoria e della giustizia.
La lezione di mons. Juan Gerardi impegna credenti e non credenti a diventare oggi tessitori di una nuova umanità, in cui non ci siano più guerre, massacri, camere di tortura, violazioni dei fondamentali diritti di ogni persona poiché, come ha scritto Papa Francesco, siamo tutti fratelli e siamo tutti figli dello stesso Padre.

Dai suoi scritti

«Attraverso gli avvenimenti, la sofferenza degli sfruttati, la miseria degli oppressi e la negazione dei loro diritti fondamentali come persone umane, Dio ci sta parlando chiaramente. Ci sta chiedendo la nostra testimonianza viva ed eloquente, proprio come Gesù, che ha dato legittimità alla sua missione, della quale la sua Chiesa deve essere testimone oggi con più forza: “Il Vangelo è predicato ai poveri”.
La nostra Chiesa si sente profondamente interpellata dalla situazione in cui vivono le popolazioni indigene. Effettivamente noi ci troviamo di fronte ad una condizione di sfruttamento, di emarginazione, di analfabetismo, di malattie endemiche, di povertà e di miseria. Tutto ciò costituisce una situazione di ingiustizia, che si rivela come una situazione di peccato.
Alle nostre orecchie e nel più profondo della nostra anima di pastori arrivano, con tutta la loro forza e veemenza, le parole che Javhé indirizzò a Mosé: “Ho visto le umiliazioni subìte dal mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano degli egiziani e per farlo uscire da questo Paese verso un Paese grande e fertile…” (Esodo 3,7-9)».

«Mentre guardiamo fuori, con anima e cuore di pastori, alla realtà del nostro continente e dei nostri popoli, noi percepiamo il grido soffocato che viene da milioni di uomini che chiedono ai loro pastori quello che non arriva da nessuna parte. Abbiamo di fronte una realtà che ci interroga da tempo attraverso le frustrazioni di un’attesa vana. Quel grido adesso è chiaro, forte, impetuoso e a volte minaccioso.
Quel grido è il grido di un popolo che soffre, che esige giustizia, libertà, rispetto dei diritti dell’uomo e dei popoli. I popoli poveri dell’America Latina, ci dicono i vescovi da Puebla, desiderano una società con maggiore uguaglianza, giustizia e possibilità di partecipazione a tutti i livelli.
Come battezzati, come membri della Chiesa, come agenti di pastorale, dobbiamo sentirci sollecitati da quel grido, come anche la Chiesa, che ha compiuto grandi sforzi per fornire una risposta pastorale adeguata.
Dobbiamo interpretare questo grido come il grido per i diritti dei poveri, che nel nostro continente è emerso in modo forte. I poveri stanno prendendo maggiore consapevolezza della propria dignità, dei propri diritti, delle proprie possibilità di partecipazione politica e sociale, nonostante tutto ciò in molti Paesi sia impedito e ostacolato.
La missione della Chiesa è prolungare e attualizzare, nel tempo e nello spazio che ci è dato, l’opera salvatrice, redentrice e liberatrice di Cristo. È questa l’azione concreta della Chiesa a servizio del Regno».

«La sofferenza di Cristo nel suo corpo mistico è qualcosa che dovrebbe farci riflettere. Cioè, se i poveri sono fuori dalla nostra vita, allora forse Gesù è fuori dalla nostra vita». (marzo 1998, un mese prima della sua uccisione)