“La mia vita per i più poveri dei poveri”
fratel Biagio Conte
Le città hanno una anima, che talvolta emerge e diviene visibile ad occhio nudo. L’anima di Palermo si è manifestata il 17 gennaio 2023 nella cattedrale cittadina, dove un popolo in preghiera si è unito per i funerali del missionario laico Biagio Conte, morto a causa di una malattia, a 59 anni. Vestito di un umile saio, quest’uomo semplice e con il saluto francescano sempre sulle labbra – “Pace e bene” – era una presenza fraterna e sorridente nel grigio orizzonte urbano.
All’inizio della sua vicenda spirituale vi è un’opera di spoliazione. Giovane di una famiglia benestante, nel 1990 abbandona la casa dei genitori, come racconterà egli stesso: “Stanco e dalla vita mondana che conducevo, ho sentito nel cuore di lasciare tutto e tutti; me ne andai via dalla casa paterna il 05.05.1990 a 26 anni, con l’intenzione di non tornare più nella città di Palermo, perché questa città e società mi avevano tanto ferito e deluso. Mi addentrai tra la natura e le montagne all’interno della Sicilia, iniziando un’esperienza di eremitaggio tra montagne, laghi, fiumi, sotto il sole, la luna e le stelle”.
La spinta eremitica convivrà sempre in fratel Biagio, accanto alla dimensione di guida di una comunità di popolo, e nei momenti difficili egli tornerà a cercare la solitudine di un eremo, anche come forma di contestazione alle scelte del mondo contemporaneo.
Biagio è un giovane inquieto, che si pone domande radicali sul senso della vita e non si accontenta delle risposte pre-confezionate che l’ambiente familiare e la società hanno preparato per lui. Egli vede in San Francesco un’immagine affascinante e decide di compiere un pellegrinaggio fino alla sua tomba, ad Assisi, dove comprende la sua vera vocazione: il sine glossa di Francesco, vivere in povertà il Vangelo, senz’aggiunte.
Ritornato a Palermo, stabilisce la sua prima base sotto i portici della Stazione Centrale. Le stazioni delle grandi metropoli sono non-luoghi, in cui si rivela la dimensione anonima e la solitudine della vita urbana. Fratel Biagio si fa prossimo di uomini e donne che vivono per strada, o trovano rifugio in vagoni abbandonati, immagine di una società opulenta che tratta i suoi figli più fragili come scarti.
Egli non si pensa in contrapposizione alla Chiesa istituzionale e si avvicina all’arcivescovo di Palermo, Monsignor Salvatore Pappalardo. Molto noto ai mass media, dopo l’omelia pronunciata in occasione del funerale del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nel 1982, Pappalardo è un vescovo capace di entrare in sintonia con le persone. Egli asseconda il desiderio di radicalità presente in quel giovane, recandosi a celebrare una liturgia con lui e i suoi amici mendicanti.
Missione Speranza e Carità è il nome che lo stesso Biagio Conte dà alla prima struttura che crea dal nulla, in uno spazio abbandonato alla periferia di Palermo. La Missione è una comunità che diviene in poco tempo luogo di accoglienza per centinaia di poveri. Mentre cresce la casa da lui creata, Biagio impara presto a relazionarsi con quelle istituzioni che non sanno dare risposte ai più fragili. Egli stesso avrebbe raccontato di un incontro con don Giuseppe Puglisi avvenuto il 15 settembre del 1993, il giorno in cui il martire avrebbe trovato la morte per mano mafiosa, mentre entrambi attendono di essere ricevuti da un funzionario comunale a cui chiedono risposte per i loro progetti.
L’11 novembre 2022, Biagio scrive: “Non sappiamo amare, donare, aiutare e non troviamo il tempo di pregare, per chiedere l’aiuto al buon Dio. Il nostro io, il potere, la rivalità e l’avidità non edificano ma demoliscono la pace, la solidarietà, l’aiuto verso il nostro prossimo”.
Qual era il segreto di quest’uomo, che comunicava una grande gioia ben al di là del perimetro ecclesiale? Ho creduto di intuirlo la notte in cui, con gli amici di Sant’Egidio, accompagnammo da lui un mendicante, appena uscito dall’ospedale e bisognoso di un rifugio. Mentre parlava, Biagio iniziò a lavare i piedi di quell’uomo, con la naturalezza di chi non guarda al povero come ad un estraneo: “Spero tanto che comprendiamo che i poveri non sono un mondo a parte, ma sono parte di noi, sono la nostra vera ricchezza, la nostra vera speranza, la nostra salvezza”.
Dobbiamo comprendere molto su Biagio Conte, ma la sua Missione proseguirà dopo la sua morte, grazie a quanti hanno accolto il suo messaggio: “Sono un pellegrino che deve compiere una grande missione, ma ognuno di noi deve compiere una grande missione. Dobbiamo prenderci ciascuno la propria responsabilità per il bene di tutti”.
(a cura di Vincenzo Ceruso, rivista SE VUOI 3/2023)