CAST TECNICO 
Titolo originale: The Mule
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Nick Schenk
Fotografia: Yves Bélanger
Montaggio: Joel Cox
Musiche: Arturo Sandoval
Scenografia: Kevin Ishioka
Durata: 116’
Genere: drammatico, poliziesco
Nazione: USA
Distrib. Italia: Warner Bros Italia
Uscita in Italia: 2019

CAST ARTISTICO 
Earl Stone: Clint Eastwood
Agente Colin Bates: Bradley Cooper
Agente Trevino: Michael Peña
Mary Stone: Dianne Wiest
Laton: Andy García
Iris Stone: Alison Eastwood
Ginny Stone: Taissa Farmiga
Julio Gutierrez: Ignacio Serricchio
Agente Brown: Loren Dean
Agente speciale Dea: Laurence Fishburne

IL CORRIERE
(The mule)

Trasposizione di una storia vera, Il corriere narra di Earl Stone collocato, nel prologo, nel 2005, quando, ottantenne reduce dalla guerra di Corea, lavora come floricultore specializzato nella coltivazione di un fiore che fiorisce per un giorno solo (emerocallide), al quale ha sacrificato vita e famiglia. Earl Stone ha una ex-moglie, Mary, dalla quale ha divorziato e che di lui ora non vuole più saperne. Il film narra poi, per tutta la sua lunghezza, sempre di Earl Stone, ormai novantenne, nel 2017, collocato in un Midwest che soffre per la deindustrializzazione, con il commercio che crolla e con la triste realtà di vedersi pignorare la casa. L’unico bene che gli resta è il pick-up con il quale ha viaggiato moltissimo e con grande piacere, toccando 41 dei 50 Stati degli USA senza mai prendere una multa, proprio perché la sua seconda passione, oltre quella per le emerocallidi, è la guida. Quest’ultima attira l’attenzione di uno sconosciuto che gli propone di fare il corriere dal Messico agli USA, per un bel po’ di soldi. Earl non sa che dovrà fare il corriere di grossi carichi di droga, a servizio di una banda di narcotrafficanti messicani (The Sinaloa Cartel). Earl, lottando contro il suo forte e sincero amor di patria, da “difensore del Paese”, e contro il suo stesso senso morale, intraprende i viaggi senza fare domande, caricando la droga in un garage e consegnandola poi in un motel. Il suo aspetto e la sua età lo rendono insospettabile per la DEA. Con i soldi che riceve aiuta la famiglia con la quale si riconcilia. Durante una consegna Earl viene informato che la sua ex-moglie è gravemente ammalata. La va a trovare per chiederle perdono, ma quando sta per arrivare al punto di consegna viene arrestato dagli agenti della DEA. Si dichiara colpevole e va in prigione dove viene confortato dalla famiglia e dove riprende a coltivare il suo fiore.

Con la coscienza piena di crepe e contraddizioni, con dolce ironia e disarmante introspezione, il film tratta di tematiche forti come il disadattamento dei reduci di guerra, l’inseguimento tra uomini che combattono sotto bandiere opposte, la spinosa convivenza interetnica, l’America rurale… Tratta soprattutto del bilancio che tutti gli anziani sono chiamati a fare, in un modo o nell’altro, della propria vita. Questa è la sostanza del film e questo è il suo valore più solido perché la storia serve da contorno e da pretesto.
Trasposizione di una storia vera, The Mule permette a Clint Eastwood di elaborare il rimorso per aver trascurato i suoi cari, dietro e davanti alla macchina da presa. Non è un caso che Alison Eastwood interpreti il ruolo di Iris, figlia ferita dalla negligenza di un padre a cui non rivolge più la parola. Come Earl, Clint ha sacrificato la vita personale alla passione professionale e nel film, come lui, prova a rimettere insieme i frammenti della sua vita. Per l’anziano protagonista, la cosa più importante è riallacciare i rapporti con le persone amate, rivederne il volto, aiutarle economicamente affinché i loro sogni si realizzino. Così, se da una parte, la vita di Earl migliora, dall’altra affonda a picco perché perde il senso morale e perde la fedeltà al proprio amato Paese.
Palesemente, non viene mai in mente all’anziano che “quei chili di droga” rovineranno molte vite, ma di certo l’idea lo mina e logora nell’anima. Formalmente, il film è di una bellezza dichiarata, partendo dalla recitazione per arrivare ai primi piani e ai campi lunghissimi che ritraggono le sconfinate distese percorse durante i viaggi andata/ritorno. Senza fermarci alla cornice della storia, incentriamoci sui valori che dal film riaffiorano. Primo fra tutti, la famiglia, da anteporre a qualsiasi altro valore, lavoro compreso. Poi il valore dell’onestà che, a ben riflettere sulla storia, ci fa sentire in imbarazzo. Infine, il grande valore del “volersi far perdonare”, prima del tramonto definitivo. E il protagonista ha parecchie cose da farsi perdonare che, purtroppo, spera di poter ricomprare con il denaro. Il desiderio e la sete di chiudere la propria vita in pace con gli altri, nella certezza del loro perdono, sono squisitamente umani proprio perché difficili da mettere in atto dato che mettono in gioco l’orgoglio, la comprensione più o meno totale degli altri, la capacità di riconoscere i propri errori e mancanze, la volontà di rimediare.

Se gli spettatori “anziani”, forse non ancora con passo incerto e volto scavato, si sentono rispecchiati nella vicenda e vengono portati a fare un bilancio della propria vita, gli spettatori giovani, come vengono coinvolti? Forse a investire energie d’amore e di dono nel tempo presente per non doverne rimpiangere la mancanza nel tempo futuro? Già, perché il film, campione d’incassi, è stato definito “il bilancio di una vita”. E noi, a quale bilancio ci invita? E a me?

(Caterina Cangià, SE VUOI 3/2019)