Ridare VOCE

intervista a MARIA FRANCESCA ARVIA, Logopedista

«Ciao, sono Maria Fran­cesca e sono una logope­dista. No, non mi occupo dei piedi come in tanti mi chiedono, bensì di lin­guaggio, voce e degluti­zione. Sembra ieri, eppure sono passati 6 anni dalla mia laurea e, quindi, dall’inizio della mia vita professionale».

“E questa profes­sione? Come l’hai scelta?”.

«Avevo delle incertezze. Penso che capiti a tanti di non sapere quale strada scegliere dopo la ma­turità. Volevo fare la maestra, ma allo stesso tempo qualcosa che riguar­dasse l’area sanitaria. Mi è stata così suggerita la facoltà di Logopedia.
Logopedia?!? Ebbene sì, anche io non avevo chiaro di cosa si occupasse un logopedista. Così, cel­lulare in mano, l’ho cer­cato e quando ho letto il suo profilo professionale me lo sono sentito cucito addosso. Ho subito capito che sarebbe stato quello che avrei voluto fare nella mia vita. Ho studiato tanto per riuscire a superare il test d’ingresso alla facoltà, unica mia scelta, non avrei potuto immaginare di essere altro se non una logopedista. Trovo armo­nioso anche il suo suono!».

Nell’ascoltare Maria Fran­cesca si intuisce che que­sta professione parla di lei: «Chi si rivolge a me lo fa perché ha un problema ed è in cerca di aiuto.
Il poter aiutare gli altri è stato uno tra i motivi che mi ha spinto a scegliere questa professione, che mi mette ogni giorno davanti a dure sfide e davanti a piccoli grandi guerrieri, che sono quelli che ho più a cuore. Non perché gli adulti non mi stiano sim­patici, ma semplicemente perché vedo i bambini come i germogli dell’immenso giardino, che vanno curati ed accompagnati nella loro crescita.
Oltre alle capacità profes­sionali bisogna avere come dote anche la passione, la pazienza e l’em­patia. Perché prendere in carico un paziente, piccolo o grande che sia, significa anche saper accogliere, ascoltare, comprendere e affrontare insieme gli ostacoli.
È un rapporto che va al di là della semplice cura. Ecco perché deve essere un lavoro che scegli, una vocazione, e non una mansione che accidental­mente ti capita di fare».

“Secondo te come si fa a capire se un lavoro è anche una vocazione?”.

La risposta di Maria Fran­cesca è immediata: «Un lavoro ti deve entusia­smare, appassionare, spingere ad andare sempre oltre i tuoi limiti. Deve es­sere un qualcosa che ti ap­partiene. Deve arrecarti piacere, farti sentire vivo e soddisfatto per ciò che stai facendo».

Grazie Maria Francesca, hai dato voce a ciò che molti sognano e pensano: la professione è una risposta ad una Voce che chiama, tra de­sideri e sfide che inter­pellano.

(a cura di Federica Cammarata-Irene Mutta, rivista SE VUOI 6/2022)