Erano le quattro del pomeriggio
ANDREA

 

 

 

Un indice puntato

Gli incontri che ci segnano non li dimentichiamo. Basta chiedere a due innamorati quale è stata la prima volta che si sono “accorti” l’uno dell’altra e i dettagli su quel primo incontro non mancheranno. A chi ascolta potranno apparire banali, ma per chi li ha vissuti sono preziosi come tesori.
Al Giordano avviene un incontro decisivo: un uomo chiamato Giovanni sa di essere inviato per rendere testimonianza al Messia; molti lo seguono pensando che sia lui stesso. Il popolo d’Israele vive un difficile momento nel quale al peso dell’oppressione politica romana si aggiunge il discredito della suprema autorità religiosa, il sommo sacerdote. Giovanni grida nel deserto, e grida per tenere alta la speranza… L’attesa è tanto grande che i suoi discepoli, non appena egli indica «l’Agnello di dio», se ne vanno senza nemmeno voltarsi per dire “grazie”. Quel primo incontro con il Messia non sarà più dimenticato. Un indice puntato verso l’Agnello di dio basta per riaprire tutte le porte della speranza. «Erano circa le quattro del pomeriggio » (Gv 1,39) annota Giovanni, che ama dare concretezza ai tempi della Grazia di dio. E la voce si diffonde: Andrea lo annuncia a Simone, Filippo lo annuncia a Natanaele e la storia, lentamente, si riempie di indici puntati, che orientano gli sguardi verso Gesù. È un’ondata di luce che trasfigura la storia, come ogni racconto di vocazione.

Che cosa cercate?

La prima domanda che Gesù pone a chi vuole seguirlo è questa: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38). Per seguire Gesù occorre essere dei “cercatori”, persone che non si accontentano dello status quo. Il tema del “cercare” attraversa come un filo rosso tutto il quarto vangelo, obbligando chi segue Gesù a entrare in se stesso e a chiedersi perché ne percorre la strada: vale per Andrea in 1,38 chiamato a vagliare le proprie attese per non farne la cornice in cui “ingabbiare” il Maestro di Galilea; vale per la folla che, numerosa, segue Gesù in 6,26 con l’unico scopo di saziare la propria fame; vale per i Giudei che, in 7,11 lo cercano per soffocare la potenza rivoluzionaria che li sta mettendo seriamente in difficoltà; vale per quanti salgono al Tempio e sentono che da lui sgorga una Sapienza che infonde pace (11,56); vale per i soldati che, nel capitolo 18, si illudono di catturare chi, di propria volontà, pienamente consapevole del disegno del Padre, si consegna nelle loro mani; vale per Maria di Magdala che, in 20,15, rischia di cercare nel posto sbagliato colui che è vivo. Dietro quella domanda c’è l’interrogativo di fondo che deve sempre accompagnare il “sì” a un progetto di vita. Occorre verificarsi, guardarsi dentro, domandandosi: che cosa cerco veramente? Gli orizzonti dell’Agnello di dio o i miei? Quelli del Servo sofferente o quelli di un Messia costruito sulla misura delle mie attese? Di quale Maestro mi sto mettendo alla scuola? Andrea non nasconde la sua attesa: «Rabbì, dove dimori?» (1,38). Detto in altri termini: “Cerco dove abiti per poter venire da te, per mettermi alla tua scuola”. Lui, l’apostolo che cerca, forse proprio per questo diventerà presto una persona capace di discernere la ricerca altrui, accompagnandoli a loro volta da Gesù, come succede in 12,22.

Quel giorno rimasero con lui

E poi? e i giorni successivi? Sembra che Andrea sia andato a chiamare suo fratello (Pietro) portandolo «per primo» da Gesù. L’evangelista tiene a sottolinearlo: Pietro incontra Gesù grazie alla mediazione di Andrea. Poi forse tornarono alle proprie case, in Galilea, pensando a quello che avevano visto e sperimentato. Chi vede una contraddizione tra la chiamata dei primi discepoli nel Vangelo di Giovanni e quella che troviamo in Matteo (4,18-22) o in Marco (1,16-20) potrebbe ricredersi se pensa a due momenti distinti e successivi che portano a un avvicinamento progressivo a Gesù. Né Giovanni Battista né Gesù sono persone che forzano o legano a sé quanti li seguono: Giovanni lascia che i suoi lo abbandonino per seguire l’Agnello di dio; Gesù lascia che la scelta di seguirlo con una certa radicalità, non comune a quei tempi, maturi nel cuore dei suoi. Il Maestro è un uomo libero che custodisce la libertà dei suoi e che nei momenti critici non esita a dire: «volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67). Gesù chiama, interpella, condivide… ma poi lascia che sia il tempo a far maturare il seme. Lo slancio del “subito” ha bisogno della lentezza dei giorni e del silenzio dei cuori prima di scattare (Mc 1,18).

Maestro, dove dimori?

Andrea, all’inizio del suo percorso, pensa a Gesù come a un riferimento “stabile”, un punto fermo, una dimora appunto. Ma occorre sapere che Gesù è un Maestro sempre in cammino, che non ha dove posare il capo (Lc 9,58). Egli può offrire ai suoi una sola dimora, il cuore del Padre: «Come tu, padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). Dove dimora il Padre? Nel cuore di ciascuno dei suoi figli. Incontrare il Maestro significa mettersi in cammino insieme a lui per incontrare il cuore dei figli di Dio. Tutti.
Chissà: forse Andrea non pensava a questo quando lasciò Giovanni per seguire l’Agnello di dio…

(Giacomo Perego, rivista SE VUOI 2/2017)