IL GIOVANE DEI CIELI APERTI

NATANAELE

 

 

 

Il figlio di talmai

Natanaele è originario di Cana di Galilea. Noto in paese come “il figlio di Talmai” (in aramaico, Bar-Talmai), è chiamato, secondo le usanze del tempo, anche con il soprannome che ne deriva, “BARTOLOMEO”. È un giovane in gamba, dinamico, che sa destreggiarsi sia con le reti dei pescatori sia con le pagine della Torah: ama il lavoro e non disdegna lo studio, ha la prontezza degli uomini concreti e la pazienza di chi riflette prima di agire. Insomma, le qualità non gli mancano. Forse anche per questo Filippo di Betsaida l’ha scelto come amico.
Nel Nuovo Testamento Natanaele non disturba più di tanto: fa la sua comparsa all’inizio del Vangelo di Giovanni e poi lo ritroviamo solo nelle liste dei Dodici e nell’apparizione del risorto sul mare di Tiberiade dopo una notte di pesca infruttuosa.

Sotto l’albero di fichi

Quando entra in scena, Natanaele viene fotografato sotto un albero di fichi. Curiosa collocazione che potrebbe dire molte cose: simbolo del popolo d’Israele e del suo tempio, del peccato dell’uomo e delle promesse di Dio, del castigo del popolo e della fedeltà del Signore…, l’albero di fichi ci spinge a pensare a Natanaele come un uomo che cerca di capire i tornanti della storia. Forse ha sete di salvezza, ha desiderio di un “di più” che nemmeno lui sa bene spiegare e questo lo porta, di tanto in tanto, a stare da solo, per riflettere, pensare, pregare, alzando lo sguardo oltre le foglie di quell’albero che gli assicura un po’ d’ombra e lo custodisce dalla calura del giorno.
Tutte le vocazioni nascono così: dalla ricerca di un “qualcosa” non sempre decifrabile, da una spinta interiore che invita al silenzio, da domande che premono dentro e lasciano aperti interrogativi e inquietudini.
Quando, di fronte a una chiamata, tutto appare limpido e chiaro, c’è da dubitare seriamente: in questi casi è più facile che sia all’opera lo spirito nemico più che lo Spirito Santo!

Lungo la via

Dall’albero di fichi la scena si sposta lungo la strada: Natanaele è in compagnia di Filippo e stanno andando verso Gesù. Non è stato facile convincerlo: Natanaele è un giovane tutto d’un pezzo, che si esprime con domande dirette e con osservazioni schiette. Forse anche troppo. Le sue conclusioni sono ferme e sa di non sbagliarsi quando parla.
L’amicizia di Filippo, però, gli fa bene… almeno quanto lo stare sotto l’albero di fichi. Il libro dei Proverbi lo esprime bene in un suo passaggio: “Chi custodisce un albero di fichi ne mangia i frutti, chi ha cura del suo signore ne riceverà onori. Come nell’acqua un volto riflette un volto, così il cuore dell’uomo si riflette nell’altro” (Proverbi 27,18-19).
Dobbiamo benedire il cielo quando la vita ci regala un’amicizia simile a quella che scorre tra Filippo e Natanaele, dove il volto dell’uno si riflette in quello dell’altro, grazie al confronto, alla fiducia, alla condivisione, e dove entrambi, cercando di aver cura del loro Signore, si immergono nelle pagine della Legge e dei Profeti, gustandone i frutti. Filippo e Natanaele parlano della Scrittura come se niente fosse, come se stessero parlando dell’ultima notizia giunta dalla famiglia dietro casa. Hanno familiarità con la Parola di Dio. E questo fortifica la loro amicizia.
Quando le relazioni sono profonde, il bene condiviso si rafforza e quel giorno, Filippo, fa proprio un gran bene a Natanaele convincendolo a mettersi in cammino nonostante tutte le sue reticenze e le sue ferme posizioni.

Davanti ai cieli aperti

Ed ecco un altro colpo di scena: sulla strada dove Gesù viene incontro a Natanaele (e qui viene spontaneo chiedersi chi dei due stia andando incontro all’altro!) succede qualcosa di particolare. Gesù parla di cieli aperti, di angeli di Dio che salgono e scendono (si noti l’ordine; non: “scendono e salgono” ma: “salgono e scendono”, come se questi già fossero su questa terra insieme al figlio dell’uomo), offrendo a Natanaele una chiave per la comprensione di quella storia che era percepita come il tempo dei cieli chiusi, delle umiliazioni, del silenzio di Dio. Natanaele si sente raggiunto nei suoi pensieri e, siccome è una persona molto sveglia, di fronte all’immagine usata da Gesù, “fa 2 + 2”: per chi conosce la Scrittura come lui, quei cieli aperti rievocano la storia di Giacobbe, un altro cercatore di Dio che, in un momento buio della sua storia, sosta in silenzio e scorge in visione la medesima immagine: «Una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa. Ecco, il Signore gli stava davanti e disse: “Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e di Isacco. A te e alla tua discendenza io darò la terra sulla quale sei coricato. … e si diranno benedette in te e nella tua discendenza tutte le famiglie della terra”» (Genesi 28,10-15).
Il Signore gli stava davanti. Il cielo era aperto. Il futuro immenso.
Natanaele non ha dubbi: si unisce a chi segue il Maestro di Galilea. E non lo abbandonerà mai più, a costo di farsi togliere la pelle di dosso, come vuole la tradizione che lo farà morire scuoiato martire per testimoniare il Vangelo.
Chi l’avrebbe mai detto?
Tutto era iniziato sotto un albero di fichi… e termina alle porte del cielo. A volte conviene stare solitari con lo sguardo rivolto in alto e con le pagine della Scrittura tra le mani: in questi casi c’è sempre qualche porta che si apre e qualche angelo che accorre per indicare cammini di luce.
Non dimentichiamo: gli angeli di Dio salgono e scendono (non viceversa) e, a volte, assumono i tratti di un’autentica amicizia.

(Giacomo Perego, rivista SE VUOI 6/2017)