EZIO BOSSO
Non c’è sogno o amore che non possa realizzarsi

È di recentissima uscita un film di grande interesse per adolescenti e studenti, ma anche per gli adulti: si tratta de “Il talento del calabrone” interpretato, peraltro – nei panni del protagonista – dal talento di Sergio Castellitto, che qui ne offre un saggio davvero straordinario. Tutto il film consiste in un dialogo surreale tra un giovane DJ e un professore di fisica, che avviene a Milano durante un programma radiofonico, in un clima di tensione quasi da thriller. Il messaggio che deve arrivare, però, da un filo all’altro della voce, è sospinto e prende corpo nella musica di Beethoven e di Corelli. Il giovane DJ, non abituato a questo genere, cerca in tutti i modi di rifiutare gli stimoli con cui il professore lo provoca, resistendo nel voler difendere il suo programma autocelebrativo, commerciale, volto soltanto alla raccolta di like e di followers. Ma ciò che resta di un violoncello che il DJ stesso, molto tempo prima, aveva distrutto sulla schiena di un suo compagno di scuola, lo inchioda e lo costringe a tacere e riconoscere la verità. Le parole con cui il vecchio professore riesce, infine, a fermare l’insistente soliloquio del suo interlocutore, sono queste: “Prima di parlare devi imparare ad ascoltare”. E qui sta il punto: nella necessità di ascoltare, prima di usare milioni di parole atte soltanto a mettere in vendita un prodotto, ed esse stesse ridotte a una merce; qui sta l’importanza di capire che occorre educare gli orecchi, gli occhi e l’intelletto ad ascoltare gli altri, a cominciare dai compagni di scuola o dai fratelli e i genitori a casa. Se si vuole evitare che le parole si oscurino in atti di violenza e si trasformino in mostri di crudeltà, di cinismo, di orrore, come nel caso del bullismo estremo, occorre imparare ad ascoltare. Il messaggio del film è lo stesso di quello che viene dal maestro Ezio Bosso: la musica è una palestra di massima efficienza per allenarci a questo atteggiamento vitale, per crescere tutti insieme, che è il reciproco ascolto. Una materia principale nelle scuole di ogni ordine e grado per apprendere non solo la civile convivenza ma anche la fratellanza e l’arte dell’amore.

Amico e maestro

“Ciò che non si può dire e ciò che non si può tacere, la musica lo esprime” diceva uno dei più grandi scrittori francesi di ogni tempo, Victor Hugo. Forse anche per la difficoltà sempre più grande a esprimersi verbalmente, dopo la sua malattia, Ezio Bosso ha fatto della musica il suo strumento eletto di comunicazione. E forse perché la musica, che chiamiamo genericamente “classica”, è quella le cui note e melodie nascono e nuotano nel silenzio, che Bosso ha fatto di essa il genere sempre più suo, lasciando quello usato in gioventù. La passione di Schubert, l’oceano spirituale di Bach, l’irruenza e la grandiosità di Beethoven, gli permettevano di dire alla gente quello che con la bocca sarebbe stato impossibile. Erano sue le tempeste interiori che gli archi e i fiati riuscivano a esprimere divinamente, ma ciò che aveva nell’anima era anche quanto riceveva dall’anima del pubblico, era un concerto di sentimenti condivisi. Proprio così: la musica, per Ezio Bosso, era un luogo d’incontro, una stanza d’affetti, un cielo dove il cuore di tutti poteva sollevarsi e volare nella libertà dell’amicizia. Questi sono i primi grandi insegnamenti del Maestro: il dovere dell’ascolto e l’impegno di comunicare sorretti da una tensione degli uni verso gli altri che voleva diventare un abbraccio, un intreccio, una relazione di comunione. Una fonte di gioia. Chi non ha ancora negli occhi il suo viso contratto all’inverosimile, con ogni minimo muscolo coinvolto in una smorfia quasi di dolore, mentre guidava l’esecuzione della quinta sinfonia di Beethoven? Gli occhi chiusi quasi vivesse una ricerca disperata d’estasi, rapito nel crescendo segnato dallo spartito e battuto col suo stesso respiro? Cercava, così, di abbattere i muri delle distanze, delle paure, dell’odio e dell’indifferenza, delle diseguaglianze; cercava di spianare sentieri di complicità, vie di riconoscimento, pareti di segreti, per sciogliere, poi, tutto nel sorriso con cui si concludeva. Alla fine usciva, dal suo viso, una scia di luce, la cui curva si dilatava unendosi a quella disegnata dalla bacchetta e dalle braccia, allargate all’inchino e al dono di sé. Questo era Bosso!
Un altro suo grande insegnamento è quello che mai bisogna rinunciare alla sfida. Non a una sfida fine a se stessa, lanciata per mostrare soltanto cosa saresti capace di fare, ma una sfida a quell’impotenza, quell’incapacità che, spesso, ci pesa come un macigno sul cuore e sulla mente. Quante volte sperimentiamo il fossato che sembra separarci dai sogni più cari, dai desideri più caldi e puri, dal raggiungere e vivere le cose belle e sacre. Allora siamo tentati di lasciar perdere, di non provarci nemmeno, di usare le nostre fragilità e paure come un alibi per dire: non ce la farò mai! Ezio Bosso ci sarà, allora, amico e maestro prezioso, mostrandoci come non ci sia sogno, desiderio, amore che non debba fiorire, che non si possa realizzare. Il suo sorriso sarà per noi come un “inno alla gioia”, starà a guardarci per dirci che non esiste impedimento allo splendore della vita.

(a cura di Rosanna Virgili, SE VUOI 1/2021)