CAST TECNICO

Titolo originale: Gospod postoi, imeto i’ e Petrunija
Regia: Teona Strugar Mitevska
Sceneggiatura: T. Strugar Mitevska ed E. Tataragic
Fotografia: Virginie Saint-Martin
Montaggio: Marie-Hélène Dozo
Musiche: Olivier Samouillan
Durata: 100’; Genere: Drammatico
Nazione: Macedonia del Nord, Belgio,
Slovenia, Croazia, Francia
Distrib. Italia: Teodora Film
Uscita in Italia: 2019 

CAST ARTISTICO

Petrunya: Zorica Nusheva
Giornalista Slavica: Labina Mitevska
Giovane ufficiale: Stefan Vujisi
Pope Simeon: Darko Suad Begovski
Capo Ispettore Milan: Moni Damevski

 

Sguardo di insieme

l film prende spunto da un fatto di cronaca che riguarda un’antica tradizione tipica della Chiesa ortodossa macedone. Ogni anno, nella città di Štip, si svolge una festa religiosa durante la quale il Pope lancia una croce nel fiume quale invito affinché gli uomini appartenenti a varie confraternite religiose si tuffino in acqua per recuperarla. Da sempre tocca unicamente agli uomini prendere parte alla competizione e colui che recupera la croce godrà della buona sorte che il possesso dell’oggetto gli regalerà, per un anno intero. Questo il contesto all’interno del quale conosciamo Petrunya, una giovane donna di 32 anni, con la sua bella laurea in storia, in sovrappeso e disoccupata, che vive ancora con i genitori subendo le vessazioni della madre.
Siamo alla festa ortodossa dell’Epifania e Petrunya, dopo un avvilente colloquio di lavoro, si trova casualmente nel luogo dove viene celebrato il rito del tuffo in acqua per prendere la croce. D’istinto si tuffa tra il gruppo di maschi e prende lei la croce. Da qui ha inizio un umiliante calvario che serve alla regista per dipingere un affresco della mentalità tremendamente maschilista della cultura del Nord della Macedonia e della ritualità che di vera fede e autentica e pura religiosità conserva poco. Con molta tristezza e un leggero velo di ironia la regista ci accompagna nelle vicissitudini che Petrunya supera crescendo come persona di genere femminile, consapevole del proprio valore.
La tradizione pseudo-religiosa che sembra violata è ancora più nell’occhio del ciclone perché Petrunya fugge con la croce e perché, soprattutto, il fatto va in mano ai media. La comunità intera, fatta di credenti e di non credenti, è scandalizzata e fa appello alla polizia che individua la ragazza e la conduce alla centrale. Non è possibile formulare alcuna condanna perché alcune riprese postate su YouTube mostrano come la ragazza abbia regolarmente preso la croce. Da qui in poi è un intrecciarsi di interrogatori sia con le autorità laiche che con le autorità religiose che si trovano aizzate, ambedue, dalla folla esagitata di uomini che non “possono” subire l’affronto di essere stati battuti da una donna, semplice e di poco conto, come Petrunya. Man mano che la vicenda si evolve, la protagonista acquisisce consapevolezza di sé, diventa più sagace e caparbia denunciando l’obsoleto sistema patriarcale e maschilista che proibisce di far sentire qualsiasi “voce” femminile che sia di autoaffermazione. Ecco che, nel corso del film, Petrunya non cede alle richieste e alle proposte delle autorità fino al punto di essere liberata senza nessuna accusa nei suoi confronti e, veramente, il possesso della croce ha sortito effetti benefici sulla vita e sulla personalità della giovane che, una volta libera di decidere da sola, restituisce la croce alle autorità ecclesiastiche locali e si incammina, fiera e sicura, verso casa.

Linee di lettura

Un film particolare, bello e profondo, che ha suscitato molta approvazione e che è stato premiato con il Premio Lux attribuito dal Parlamento Europeo con la dichiarazione di film che diffonde la conoscenza delle culture dell’Europa dell’Est e che opera per rivisitarle nel senso di una accresciuta consapevolezza del vero ruolo della donna nell’umanità.
Il fatto di cronaca realmente accaduto diventa lo spunto per una raffinata riflessione sui ruoli che una certa società definisce per gli uomini e per le donne e sulla necessità impellente di scardinarli.
Due fazioni. Da una parte, nel film, vengono presentate donne forti e combattive e, dall’altra, uomini che combattono per proteggere la tradizione e, con essa, la propria mascolinità. Il personaggio di Petrunya si erge a prototipo di ogni donna che vive le sue insicurezze e difficoltà in una società maschilista, ma è anche colei che si mette in competizione contro i maschi e li sconfigge. La regista Teona Strugar Mitevska trama un racconto filmico di sapore kafkiano dove i poco illuminati custodi della legge mostrano tutto il loro ridicolo invitando lo spettatore a chiedersi: qual è il reato commesso da Petrunya, se ne ha commesso uno? Il suo gesto costituisce scardinamento dell’ordine sociale? È pericoloso? Niente affatto! Questa voglia di condannare si spegne poi nel gesto di Petrunya che decide, lei da sola, di restituire la croce perché ha avuto il coraggio di farsi sentire, di affermare di essere Persona.
Una parola sulla chiesa ortodossa? Ha bisogno di pastori che camminano con il passo del loro gregge, di guide che leggono la società attraverso gli occhi stessi di Gesù che ci ha chiesto di guardare la donna con uno sguardo ben diverso da quello maschilista dell’epoca. Pensiamoci mentre guardiamo il bel ritratto di donna che soffre perché lotta contro la sua propria condizione in un mondo di povertà, dove sopravvivono una tradizione pseudo religiosa e un forte maschilismo.
Dal punto di vista dei codici cinematografici il film è impeccabile: illuminazione, inquadratura, recitazione sono della miglior qualità stilistica.
Il film è vivace e divertente, amaro in certi momenti quando lo spettatore si chiede: “Possibile che siamo ancora a questi livelli?”. Poi, ripensando ai fatti di cronaca che accadono nelle nostre culture occidentali e avanzate abbiamo solo da piangere per i femminicidi e le violenze sulle donne.
Gli interrogativi che il film fa nascere meritano crocicchi di discussione, soprattutto tra i giovani e le giovani per costruire un futuro diverso dove a vincere è la Persona, maschio o femmina, ma sempre e solo la Persona.
Il finale di questo film dominato dalla sorprendente Zorica Nusheva, ci lascia il sapore della speranza.

(di Caterina Cangià, SE VUOI 3/2020)