50% bangla, 50% italiano
e 100% Tor Pigna’

 

 

 

 

Phaim sta per lasciare Roma per trasferirsi a Londra, questo progetto viene però stravolto e lui può restare vicino alla sua amata Asia (Carlotta Antonelli). Due mondi opposti, famiglie agli antipodi: lui musulmano di famiglia tradizionalista, ma aperta e integrata nel quartiere romano di Tor Pignattara; lei figlia di una famiglia allargata: genitori separati e madre innamorata di una donna. Tra una risata e l’altra, la serie TV avvicina due culture molto diverse tra loro. Phaim è un’esplosione di ormoni contenuti con molta fatica, a causa di Asia, una vera e propria kryptonite, pronta a tutto pur di vivere quel sentimento, ma anche a rispettare – per amore – le regole imposte da lui e dalla sua religione. Le vicende sono interrotte da uno sguardo in camera dell’attore-regista che si rivolge direttamente agli spettatori, condividendo con loro ansie, pensieri e sentimenti che lo attanagliano.

Accanto ai due protagonisti ruotano personaggi eccentrici e originali: Olmo (Pietro Sermonti) è il padre di Asia, uomo curioso e travolgente, in perenne confitto con la propria ex moglie; Matteo (Simone Liberati), amico spacciatore di Phaim che dalla stessa panchina dispensa consigli ed erba; Sulayma (Nilima Mittal) è una ragazza bellissima, fiera e intelligente, anche lei appartiene al mondo delle seconde generazioni, ma a differenza di Phaim sembra essere rigidamente osservante, almeno fino a quando la sua vita verrà scossa dall’amore; Rifat (Raja Sethji), leader dei Giovani Musulmani, saggio e razionale, è la coscienza candida di Phaim, al quale elargisce consigli perché sa sempre cosa fare, tranne quando si tratta di se stesso e della propria vita sentimentale; infine gli amici e compagni della band di Phaim, la Moon Stars Studio.

La trama è semplice, ma i temi molteplici. I confitti sociali e religiosi vengono raccontati attraverso un’analisi consapevole delle differenze culturali, che sfociano talvolta in accoglienza e integrazione, altre volte in forme di razzismo e violenza. Il sesso, uno dei divieti più comuni e difficili da rispettare per i giovani di qualunque fede, è un tabù che viene sviscerato già dal primo episodio. Le scuole di pensiero sono molteplici e diverse tra loro, vince però la propria coscienza e capacità di autoanalisi. Bisogna fare i conti con pulsioni fisiche ed emotive, con la propria maturità e consapevolezza, e con eventuali sensi di colpa. Chi o cosa avrà la meglio in questo guazzabuglio del cuore umano?

La storia cambia, il tempo passa, la tecnologia evolve, ma le domande, le paure e le difficoltà dei giovani non mutano. I dialoghi affrontano temi attuali in modo ironico e spensierato, mai retorico o pedante, grazie alle scelte registiche, ma anche alla disinvoltura degli attori. In un dialogo-chiave tra Phaim e suo padre si evince tutta la dignità e la forza di chi emigra, viaggia e desidera lavorare, ma si scontra con la violenza e l’arroganza: “Per protezione, per te Phaim, ho pensato che se non ho detto niente, allora non è successo niente, ma non funziona così”. Le bugie, le omissioni e l’omertà non sono mai la risposta ad atti vandalici e violenti…ma per chi è straniero reagire a tutto questo è quasi impossibile…Il regista lascia però un barlume di speranza proprio alle generazioni future, a Phaim, che almeno ci proverà e si impegnerà per i propri diritti, tra le lacrime e un abbraccio al padre, sullo sfondo di un tramonto romano, rosso come il fuoco. Il finale è aperto, così come le vite dei personaggi, ancora troppo giovani, e perciò in continuo divenire. Attendiamo la prossima stagione con i suoi turbamenti e le domande che probabilmente troveranno risposta o lasceranno al pubblico il compito di riflettere, non solo sul mondo islamico, ma più in generale sul nostro senso civico e su questo ragazzo “50% bangla, 50% italiano e 100% Tor Pigna’ ”.

(Roberta Ciccarelli, rivista SE VUOI 5/2022)