MARE FUORI

Napoli è l’ambientazione e in alcuni casi il soggetto di molti film e serie TV, soprattutto negli ultimi anni. Dopo Gomorra si parla ancora di criminalità, stavolta in un carcere minorile, con le tre stagioni di Mare fuori (e una quarta in arrivo), firmata Rai ma già acquisita da Netfix.
Mare fuori racconta le storie dell’IPM (Istituto Penale Minorile) tra detenuti e poliziotti, educatori e direttori e le loro rispettive famiglie, in modo romanzato ma veritiero. Le dinamiche familiari e camorristiche si impongono già dalla prima scena e muoveranno i fili delle vite dei protagonisti fuori e dentro il carcere.
Regia, sceneggiatura e recitazione sono impeccabili, così come le musiche di Stefano Lentini e la sigla scritta da Matteo Paolillo (Eduardo nella serie), il cast è davvero variegato, valido e incisivo.
I temi sono molteplici e attuali. Il linguaggio crudo e la violenza è lo strumento comunicativo più utilizzato dai giovani protagonisti. Il messaggio che spesso trapela è quello di non-ritorno: entrare nel sistema significa non poterne uscire, eppure c’è chi con una tensione titanica prova a farlo, come Carmine, e chi ci riesce.
Oltre al tema della camorra, della rabbia e della frustrazione, che innescano gli innumerevoli arresti, immancabile è quello dell’amore e dell’amicizia, che salva la vita anche dei più duri; si parla anche di desiderio di riscatto e di emancipazione, di sogni che abitano dietro le sbarre e prendono ossigeno proprio grazie a quel MARE che si intravede.
Questa serie è apprezzata dal pubblico, soprattutto per la speranza che trasmette e per un’idea di libertà che talvolta è più vera in uno spazio riabilitativo che dietro un cellulare.

In alcuni episodi l’impatto emotivo è forte: vengono presentate scene di stupri, omicidi, autolesionismo, disturbi alimentari, razzismo, omofobia…, attraverso gli occhi di ragazze e ragazzi che, grazie all’aiuto di adulti di riferimento, non più carcerieri, ma loro alleati-educatori, imparano a vedere una nuova strada da percorrere.
Una via alternativa c’è, anche se non sempre è la più semplice, e non è solo una lotta tra legalità e illegalità, tra bene e male; il dissidio interiore che spesso attanaglia i personaggi è celato tra i dettami del sistema e un proprio senso etico, tra l’affetto e la devozione verso la famiglia e nuovi amori e amicizie. Ognuno di loro è abitato da luci e ombre, ed è proprio questo a renderli reali: la coesistenza di sentimenti così diversi e a tratti antitetici vengono fuori nelle canzoni che cantano, nella musica che li accompagna, nei gesti e nelle parole.
Cos’è che può salvare questi ragazzi? L’unica parola che forse risponde a questa domanda, coniugando le varie realtà, è SCELTA.
Fuori o dentro un penitenziario, all’interno di una famiglia o in mezzo agli amici…, ciò che contraddistingue una persona e le consente di cambiare vita è proprio la scelta.
Avere la libertà di scegliere è una prerogativa dell’essere umano e non sempre riusciamo a coglierne i benefici, perché una scelta non è tale se non è consapevole e volontaria. Ed è proprio questo che si legge tra le righe della serie: tante decisioni, che sembrano convinte e irreversibili, non lo sono affatto; si può sempre rimediare, si può chiedere scusa, si può cambiare percorso, vita. Il compito degli educatori è quello di cercare di salvare questi giovani, anche uno soltanto.
Il filo rosso che unisce tutte queste storie è proprio la speranza di riscatto, il desiderio di farcela, che non coincide necessariamente con una vittoria, perché la vita non è una partita o una guerra, non ci sono vincitori né vinti, c’è solo un grande mare dentro cui nuotiamo o anneghiamo.
Il mare fuori diventa la speranza, “due mani sono il domani”, il futuro, l’amore – a volte pieno di paure – resta l’unica vera risposta.

(Roberta Ciccarelli, rivista SE VUOI 3/2023)