Studi per la Sibilla Libica
Corpo e dintorni
L’opera che vi propongo è uno dei suoi disegni più importanti e noti, proprietà degli eredi di Michelangelo Buonarroti dopo la sua morte, e che ci traghetterà dentro le pieghe dei corpi e le loro malcelate verità.

Il disegno, eseguito a sanguigna, rappresenta lo studio preparatorio per una delle sibille affrescate sulla volta della Cappella Sistina, colta nel momento in cui con un movimento di rotazione prende o depone il libro dietro di sé. Tale gesto, trattandosi dell’ultima delle veggenti verso l’altare, è stato interpretato come l’atto di riporre il libro con le profezie all’avvicinarsi dell’avvento del Messia. Non ci soffermeremo oltre sui contenuti, ma solo che la profezia della Sibilla Libica inizia così: “Prendendo schiaffi tacerà, offrirà ai colpi la schiena innocente”. Forse per questo Michelangelo ce la mostra di spalle, mettendo in evidenza la nuda e muscolosa schiena, su cui cercheremo di leggere la storia di un corpo attraverso la sua perfetta e sinuosa geografia.
È solo uno schizzo dell’opera che verrà realizzata, è idea grezza e in divenire, che apre per questo ad un potenziale infinito di quella che sarà la forma finale.
Michelangelo dimostra di entrare in dialogo con il mondo interiore del suo modello, riportandone aspetti che nella traduzione in pittura scompaiono per necessità di astrazione. Il disegno perciò resta più fedele alla persona che l’artista ha di fronte a sé e sembra così che dalla superfice della pelle sia possibile penetrare più a fondo, indagando in un substrato fatto di carne e sangue, dov’è scritta la storia di ognuno.
Parlare di corpo, infatti, significa parlare di carne e spirito in un’unica soluzione, e più osservo questo disegno preparatorio, dove insieme ad una schiena poderosa troviamo anche membra sparse, ora un dito o una caviglia ora un profilo aquilino, più sento Michelangelo dirmi: “Quale spirito così vuoto e cieco, che non può riconoscere il fatto che il piede è più nobile della scarpa, e la pelle più bella che l’indumento con il quale è vestita?”.
Allora dentro questa straordinaria nudità, che si manifesta nella tensione di compiere un gesto o di assumere una posa, assistiamo al prodigio della bellezza che, con il muto ma eloquente linguaggio del corpo, esprime la volontà di farsi presenza qui e ora.
In lotta con le sue proprie torsioni e intenzioni, questo corpo abbozzato ci interroga su una questione sostanziale: possediamo un corpo o siamo corpo? Non sento di poter offrire risposte ma di proporvi una lettura: “Storia di un corpo” di Daniel Pennac. È il diario di un uomo che racconta la sua vita annotando ciò che accade al suo corpo e ciò che di lui sente, dai pruriti adolescenziali alla sorda senilità, passando per il corpo di cui “sente” che sta per innamorarsi.
Con disinvolta apertura e senza vergogna, ne scaturisce un ritratto essenziale e fedele, dove l’intimità delinea i suoi confini e lascia emergere dell’esistenza il suo tratto più vero e più sacro.
Può essere anche per noi un ottimo esercizio di ascolto e osservazione, ve lo lascio come “compito”!
(Erica Romano, rivista SE VUOI 5/2022)