“M” come MISSIONE

 

 

Io sono una missione. È questa una certezza che può ac­compagnarmi in ogni momento della mia vita, un porto sicuro a cui tornare. Sempre. Sono una missione quando tutto di me lo dice e riesco a viverlo con coerenza e serenità, ma sono una missione anche (o forse soprattutto) quando la notte abita le mie scelte e i miei pensieri e tutto sembra dire altro.

 

Ma in che senso “io sono una missione”?

Troppo spesso, infatti, releghiamo questa pa­rola a una professione fatta con particolare dedizione o ad una vo­cazione di chi è chia­mato a lasciare tutto per una terra lontana.

Proprio leggendo (anche qui su SE VUOI) le testimonianze di chi è missionario per “mestiere”, capiamo innanzitutto che la missione non è questione di tempo o di luogo; non riguarda il cosa si fa, ma è come una voce che ti rivela chi sei davvero e ti chiama ad esserlo. In ogni momento, anche quando dormi, ti alleni o aspetti la metro che pare non arrivare mai. Non sei missione solo quando ti dedichi a cose importanti ed eroi­che, ma sempre.

Viversi come missione è accettarsi come un pozzo di energie, di sogni, di “ma” e di “però”, di paure e di cadute: missione è allora il mio nome vero, la mia iden­tità più profonda che descrive bene cosa sono chiamato ad essere oggi nel mondo.

Un nome che porta in sé l’essere “missione tra missioni”: non sono iso­lato, chiuso in un logo­rio interiore, ma in cammino con altri e altre che accettano questo secondo nome.

Tutto bello e, forse, condivisibile. Ma quando la mia vita dice altro, come posso provare a scoprirmi missione?

“Silenzia”. Non avere paura della possibilità che hai di silenziare tutto ciò che è intorno a te. Non è fuga, egoi­smo o ricerca di una pace interiore, ma è ne­cessità di scorgere ciò che ti abita e ti agita. Spegni la musica, leva la suoneria al telefono e ascolta il silenzio: piano piano vi scoprirai quanta vita ti abita.

Ascolta. Per scoprirti missione occorre imparare ad ascoltare ciò che compone già le tue giornate, le tue scelte, i tuoi incontri.

Cosa è che ti fa crescere in questa voce pro­fonda e la nutre, e cosa invece ti distrae, stordi­sce e porta fuori di te? Individuare e dare nome è già un profondo passo in questo cam­mino di scoperta, ma non è tutto!

Gusta… e parti! Che sapore ha ciò che hai ascoltato? Sei riuscito a rintracciare, nella “fase di ascolto” quella voce profonda che ti dice che vai bene così e che sei amato follemente? Ecco, hai iniziato a sco­prirti missione. Goditi e gusta questa chiamata, estendendola a tutti gli ambiti della tua vita. Se invece non ci sei riu­scito, non temere, po­tresti avere bisogno di più tempo o, semplice­mente, di qualcuno già più “avanti” nella mis­sione per guidarti.

È solo dopo questi “ideali” passaggi, da ripe­tere spesso, che potrai allora “uscire”, e vivere il tuo essere in missione per l’altro, per chi ti è prossimo e, perché no, per chi è lontano.

 

Potrai allora dire MIS­SIONE COMPIUTA: non un traguardo raggiunto, un divano su cui ac­comodarsi e scorrere le stories delle nostre gior­nate, ma un primissimo punto di partenza da cui ripartire e da rinno­vare di continuo per scoprirti missione, e vi­vere, con pienezza, la tua vocazione.

Buon cammino e… buona Missione!

 

(Giuseppe Tramontin, rivista SE VUOI 5/2022)