L’assertività come cura di sé e delle relazioni
di Marzia Rogante psicoterapeuta
Asserire non significa altro che “affermare”, “sostenere” qualcosa, in modo deciso e risoluto. Riguarda una delle principali abilità da maturare nel proprio cammino di crescita e certamente una delle meno sviluppate quando si vive qualche particolare fatica nelle relazioni o nella personalità.
Ma perché questo semplice verbo dovrebbe avere un’importanza così alta nella vita psichica di una persona? Perché senza assertività soffriamo e soffrono le nostre relazioni interpersonali. Perciò apprendere e allenare l’assertività è un atto di cura verso noi stessi e verso le persone con cui ci relazioniamo ogni giorno.
Essere assertivi vuol dire esprimere se stessi, comunicare in modo chiaro ed efficace le proprie idee, i propri sentimenti e bisogni riguardo a quanto stiamo vivendo o a quanto accade nella relazione con qualcuno.
I percorsi psicologici possono aiutare ad allenare l’assertività nella propria vita, come se fosse una sorta di muscolo che, una volta allenato, ci permette di muoverci meglio all’interno delle relazioni con gli altri.
Mi piace pensare all’assertività come un atteggiamento di cura verso di sé e verso gli altri – rinunciando ad atteggiamenti aggressivi, passivi o manipolatori -, che insegna a sviluppare fiducia in sé e capacità di assumersi le responsabilità, che insegna a mettersi in ascolto profondo e reale di se stessi e dei propri inter-locutori senza preconcetti o filtri personali per affrontare efficacemente anche i momenti di conflitto.
In tal senso l’assertività può essere vista come una sorta di adattamento della famosa “regola d’oro” che troviamo nel Vangelo: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Mt 7,12). Tale concetto è presente non solo nella Bibbia, ma in molte culture e religioni. Potremmo pa-rafrasare questa parola della Scrittura dicendo: “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, imparate prima a farlo voi a voi stessi (oltre che agli altri)”. E Gesù ha det-to anche, addirittura come comandamento, “ama il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,39), perciò, o il Signore ha ecceduto nell’ottimismo dando per scontato che fossimo in grado di amarci, rispettarci e farci rispettare in modo sano oppure l’assertività è veramente una attitudine da coltivare e curare nella nostra vita per migliorarci come persone e saperci relazionare con amore.
Possiamo immaginare l’assertività come un punto centrale lungo un asse alle cui estremità si collocano due atteggiamenti opposti. Ad un estremo troviamo l’atteggiamento aggressivo, all’altro estremo quello passivo o passivo-aggressivo. Entrambi questi atteggiamenti esprimono, in modo disfunzionale, non utile alla risoluzione del problema, una forte carica di rabbia, sebbene lo facciano con modalità opposte: la violenza da una parte, la passività dall’altra.
L’assertività (come la virtù) sta nel mezzo, permette di difendere i propri diritti, di evitare che gli altri ci facciano del male o ci manchino di rispetto, di chiedere ciò di cui abbiamo bisogno o che desideriamo, senza aggredire o ferire l’altro.
Alla base dell’assertività c’è il valore, oggi spesso trascurato, dell’onestà, verso se stessi (per riconoscere cosa si prova, cosa si pensa, di cosa si ha bisogno) e verso gli altri (per esprimere in modo sano il loro impatto su di noi, come si percepisce il loro comportamento, cosa si vuole da loro). Quando si è onesti con se stessi e con gli altri si può raggiungere ciò che si vuole senza compromessi; e mentre il passivo antepone i bisogni degli altri ai propri perché non sa come farsi rispettare e l’aggressivo antepone prepotentemente i propri bisogni a quelli altrui, l’assertivo tiene in equilibrio i propri bisogni e quelli altrui e agisce secondo le priorità del momento.
Ciò conferma che per mantenere relazioni sane e gratificanti, il comandamento dell’amore di Gesù non è utopia, ma necessità. Una celebre frase di sant’Agostino nell’ambito di in un discorso sulla correzione fraterna, dice: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. Dicendo questo, Agostino non esalta l’amore egoistico di sé, al contrario, pensava probabilmente proprio a persone assertive che, a partire dall’atteggiamento amorevole verso sé e verso gli altri, uscissero dalla prigione dei doverismi cui spesso ci incateniamo (devo essere buono e bravo, non devo far soffrire nessuno, devo agire come si aspettano da me, mi devo guadagnare il rispetto e la felicità…), per essere guidati solo dal desiderio di bene proprio e altrui: “Sia che tu taccia, taci per amore. Sia che tu parli, parla per amore. Sia che tu corregga, correggi per amore. Sia che tu perdoni, perdona per amore” (s. Agostino).
Essere più o meno assertivi, dunque, non ha a che fare tanto con la quantità di emozioni o pensieri che riesco ad esprimere, ma con la motivazione di fondo che ci spinge ad esprimerci o meno. Se a muoverci è il desiderio di prenderci cura di noi stessi, degli altri e delle relazioni che viviamo, sarà più semplice allenare l’assertività.
(da SE VUOI 4/2020)