Spiritualità:
uno sguardo oltre il visibile

Se prendiamo in mano il nostro smartphone, non c’è niente che possiamo sentire più distante da un fiore o da un pesce rosso come il pezzo di alta tecnologia che è ormai parte della no­stra vita, eppure non c’è un atomo di questa meravi­glia che non venga dalla terra in cui abitiamo. Tutti i componenti sono il risultato di processi complessi ma che partono co­munque da materie prime della terra. E la terra stessa è parte di un cosmo che, per quanto sappiamo ora, ha avuto origine circa 14 miliardi di anni fa e i cui confini ci sono ancora sconosciuti. E potremmo continuare questo gioco della me­raviglia e dello stupore comprendendo che tutta la realtà che cono­sciamo è in qualche modo interconnessa con noi. Galassie, pia­neti, stelle, buchi neri, montagne, prati, laghi, fiumi, mari, terre, de­serti e tutti gli esseri vi­venti: loro e noi ci apparteniamo e, come di­rebbe Mattew Fox, «il creato è, nella sua essenza, nient’altro che relazione».
Anche la fisica quanti­stica ce lo insegna.
Carlo Rovelli, nel suo testo Helgoland, afferma che ciò che hanno scoperto nello studio sui quanti è che questo mondo «ci forza a pen­sare tutto in termini di re­lazioni».

Gli scenari geopolitici, sociali e culturali attuali sembrano smentire questa struttura profonda di legami del nostro cosmo, abbiamo la percezione di vivere in un mondo fatto di spacca­ture, divisioni, distanze, polarizzazioni, incom­prensioni e quant’altro sembri contrapporre gli uni agli altri.
Papa Francesco, nella sua enciclica Laudato Si’, denuncia la mancanza di una consapevolezza di un’origine comune e di una mutua apparte­nenza come la causa di molti dei problemi at­tuali e afferma che «quando le persone diventano autoreferenziali e si iso­lano nella loro coscienza, accrescono la propria avi­dità».
Nonostante ciò, il Papa guarda con ottimismo in particolare ai giovani come speranza per un cambiamento concreto. Grazie alla loro sensibilità ecologica è possibile maturare la necessità di modificare stili di vita e abitudini. C’è quindi una necessità educativa che ci aiuta ad aprirci al Mistero presente in ogni cosa ed essere vivente, a sviluppare sentimenti e atteggiamenti di solidarietà e responsabilità verso tutti, una cura reci­proca basata sulla com­passione.
Per fare questo però dobbiamo cambiare lo sguardo, come suggerisce Jean-Yves Leloup, presbitero ortodosso, teologo e scrittore fran­cese. Lo sguardo, contra­riamente a quanto si pensa, si forma dall’in­terno, noi vediamo in base a ciò che siamo e sappiamo, e secondo Le­loup dobbiamo eserci­tare la nostra ragione affinché raggiunga la meraviglia. Propone di partire dai nostri sensi allenandoli all’ascolto e alla visione ma senza fermarsi a ciò che percepi­scono, imparare ad andare oltre il visibile. Così, si deve esercitare la ragione a conoscere la re­altà, ma sapendo che ciò che essa soppesa, mi­sura e vaglia è solo una parte del tutto. Anche l’amore e il desiderio de­vono essere addestrati, ricordando che l’amore non possiede né trat­tiene, ma ha bisogno di andare oltre per raggiu­gere la meraviglia.
Infine, bisogna ammae­strare la propria fede, ma senza farsi un’immagine idolatrica di Dio perché indicibile, irrappresenta­bile e inafferrabile; per questo Leloup suggeri­sce di giungere alla meraviglia e fare di essa la nostra dimora: nella luce si vede La Luce.

Tra i giovani è in au­mento la domanda di spiritualità ma, come aveva già intuito Papa Paolo VI, «L’uomo con­temporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». Il testimone comunica sempre la presenza di Dio a prescin­dere dalle sue qualità o capacità, perché è un ri­flesso dalla sua luce.

(Fabio Pasqualetti, rivista SE VUOI 5/2024)