UNA COSCIENZA
LIBERA PER SCEGLIERE

Il sonno è lo spazio dove perdiamo coscienza.
Quando uno dorme è travolto da tutto: pensieri, sogni, incubi… e al mattino, quando si sveglia, di questo universo caotico non c’è più traccia. Tutto evapora al primo sole: al risveglio torniamo nel nostro stato di coscienza, riprendiamo in mano le redini della nostra vita. Spesso non ricordiamo più nemmeno cosa abbia attraversato la nostra mente mentre il corpo dormiva.

Come risaputo, la psicanalisi di Freud ha molto lavorato su quest’universo oscuro che ribolle sotto la coscienza dell’uomo. Ha sentenziato che essa è molto più invasiva di quanto immaginiamo, e interferisce continuamente con la vita reale. Le affermazioni hanno la loro parte di verità: effettivamente siamo un mistero a noi stessi, e spesso le nostre scelte sono condizionate da un universo di emozioni di cui la ragione non è completamente padrona.
Quando siamo svegli, però, siamo coscienti. Comincia a lavorare in noi una facoltà che qualche filosofo ha appunto chiamato “coscienza”, e che è sinonimo di interiorità. Non agiamo a caso: ogni nostra azione e ogni nostra scelta sono frutto di ponderazione, di meditazione, di riflessione.
Purtroppo, c’è gente che, anche da sveglia, continua a dormire. Sono le persone che quietano la loro coscienza, o che la anestetizzano: non riflettono, o non ragionano. La loro vita corre il rischio di popolarsi di mostri, come quelli che invadono il sonno di ogni notte agitata.
C’è poi gente che viene “pensata” da altri. Qualcuno denuncia questo rischio soprattutto nelle nostre società seduttive, così esposte ai condizionamenti della vita “social”. Un povero lavoratore affaticato, affondato nel divano del suo salotto, sopraggiunta la sera non ha più la forza di pensare: è un esserino inerme, indifeso davanti alle suggestioni della televisione o dei video di uno smartphone. Li guarda, convinto che si scalzino casualmente, e invece un algoritmo ha già programmato la visione per lui.
La massificazione è meglio della diversificazione. Alcuni filosofi hanno denunciato i rischi della “industria culturale”: le nostre società hanno creato una branchia produttiva deputata al condizionamento delle coscienze. Non è utile che le persone pensino con la loro testa: molto meglio fabbricare il consenso.
Un sociologo ha teorizzato la “Macdonaldizzazione del mondo”: non è l’industria che deve andare incontro ai bisogni della gente, inseguendo gusti che sono sempre soggettivi (procedimento poco economico), bensì sono i desideri della gente, attraverso un’azione persuasiva – che rimane il più delle volte sottotraccia – , ad essere plasmati. Credo di scegliere, ma in realtà qualcuno ha già scelto per me.

Il rispetto delle coscienze e il rifiuto della manipolazione dell’altro è l’ultima frontiera dell’amore per il prossimo.

Vi risulta che Gesù abbia clandestinamente manipolato le scelte di qualcuno?
Oppure abbia seppellito i discepoli sotto una grandine di “Tu devi”? Oppure abbia predisposto ricatti affettivi, per obbligare qualcuno a camminare con lui?
A tutti Gesù dice: «Se tu lo vuoi». Non poteva esistere frase più rispettosa dell’altro: come se Gesù si arrestasse sul confine, onorando la libertà e la coscienza di ciascuno.
Nella sinagoga di Cafarnao ci ha offerto uno dei modelli più riusciti di attenzione: al termine del lungo discorso sul pane di vita, che erode versetto dopo versetto il consenso plebiscitario che aveva acquisito con la moltiplicazione dei pani, contemplando il grappolo di uomini che ancora erano lì ad ascoltarlo, pone loro una domanda che molto assomiglia un invito alla libertà: «Volete andarvene anche voi?».
Dio si è fidato della nostra coscienza.

Lo scrittore russo F. Dostoevskij ci ha lasciato una spiegazione bellissima su questo Dio fermo alla soglia della nostra libertà. Commentando il fatto che Gesù, nonostante i provocatori inviti dei suoi oppositori, non interrompe il supplizio della croce, così spiega: «Non scendesti perché, anche questa volta, non volesti rendere schiavo l’uomo con un miracolo, perché avevi sete di una fede nata dalla libertà e non dal miracolo.
Avevi sete di amore libero, e non dei servili entusiasmi dello schiavo davanti al padrone potente che lo ha terrorizzato una volta per sempre».

(Guglielmo Cazzulani, rivista SE VUOI 6/2023)