LA LOCANDA DI EMMAUS
Da un sogno alla realtà
di don PASQUALE INCORONATO
La realtà del Sud vive situazioni strutturali di marginalità, non solo culturali ma che hanno bisogno di una incarnazione di ogni tema pastorale con prospettive e priorità tra loro diverse. La mancanza di spazi, l’impossibilità a crearli, il vivere molto tempo per strada, l’abbandono della scuola in età precoce, il disagio giovanile, che è trasversale per tutte le fasce ed ambienti sociali, ci richiedono di declinare la cura educativa con strumenti e atteggiamenti nuovi e creativi.
L’esperienza che in questi 22 anni ho cercato di costruire partiva dall’esigenza di dare risposte concrete e visibili, ma soprattutto credibili.
Sono partito dal brano evangelico dei discepoli di Emmaus (Luca 24,13-53) e da un sogno.
Ogni scelta è importante. E, come ogni scelta che si rispetti, ugualmente la mia ha comportato e comporta tuttora anche difficoltà. Ma facciamo un passo per volta.
Sono un sognatore. Dapprima di diventare prete sognavo per il mio paese una dimensione sociale in cui la criminalità e la noncuranza non l’abitassero. La sognavo senza disagi. Dove non c’erano minori definiti “a rischio”, costretti a subire violenze di ogni tipo perché figli di malavitosi. Nel mio paese ideale ogni ragazzo aveva la sua dignità. Nessuno di loro in un angolo della strada spacciava droga o faceva il “palo”.
Finché il sogno, un giorno, diventa Vocazione. Poi si trasforma in Progetto e stile di vita. Ed eccomi catapultato nella mia realtà: Ercolano, una città alle falde del Vesuvio. Era arrivato per me il momento di trasformare il sogno in impegno, e di realizzarlo. Mi ritrovavo a fare i conti con una “compaesana” scomoda per l’obiettivo che mi ero prefissato: la camorra. E pensavo che fosse un muro non da abbattere bensì da scavalcare con prudenza, se volevo conquistare la fiducia di quei bambini, e soprattutto delle loro famiglie.
La scelta della realizzazione di un sogno costa sudore, come dicevo, richiede il superamento di ostacoli lungo il percorso. Il primo è stato quello della diffidenza. Nei vicoli di Ercolano ce n’era tanta. Queste famiglie mi guardavano con sospetto, come un intruso dannoso per il loro “lavoro”. Ero di troppo. Ho incontrato compagni di viaggio per alleviare il carico. Armati di spirito di sopportazione e di speranza, riuscimmo a conquistare la fiducia delle famiglie e giorno dopo giorno la “Locanda” divenne luogo di condivisione, di studio, di ascolto, di preghiera di tanti “scugnizzi”. Ho ascoltato le loro storie di violenza e di mortificazioni, le più crude, consumate all’interno delle loro stesse famiglie. Loro le vittime e gli spettatori. “Allora si aprirono gli occhi e lo riconobbero”.
“La locanda di Emmaus” era uno chalet completamente abbandonato. I proprietari erano persone colluse con il mondo della delinquenza, ed uno di loro ammazzato proprio in quel luogo. L’idea era quella di avere una struttura significativa sul territorio della città che potesse diventare luogo di incontro dei giovani e con i giovani. È stato completamente ristrutturato, ed ha la possibilità di essere utilizzato in vari modi sia come sala per catechesi e incontri di preghiera, che come mensa e come scuola. Lo abbiamo chiamato così perché volevamo dare l’idea di un luogo di vita comune, ma anche di accoglienza dove al centro ci fosse la solidarietà e la compagnia nella quotidianità. Posto sul territorio della città e quindi visibile da tutti ma anche accessibile da tutti, credenti e non credenti, giovani delle nostre parrocchie e giovani di altre associazioni e movimenti. Al centro di tutto l’accoglienza con iniziative vicine ai giovani e la solidarietà.
In sintesi: noi riconosciamo il Cristo in loro e loro imparano a trovarlo e conoscerlo attraverso di noi. Insieme senza differenze, i figli dell’agio e quelli del disagio. La locanda di Emmaus è un luogo che diventa casa, casa che accoglie, che forma, che orienta spiritualmente la vita e le scelte, che scioglie i legacci con il passato, pesante da dimenticare, ma più leggero da sopportare. La scelta dell’immagine della Locanda voleva richiamare la possibilità di avere strutture non “ecclesiastiche”, cioè non legate direttamente alla parrocchia.
La Locanda di Emmaus è un’esperienza che viene dalla strada e ritorna ad essa, una chiesa in uscita, pronta sempre ad interrogarsi sui suoi metodi e stili di vita. Camminando insieme, partendo da un luogo che è casa, dimora sicura e certa.
(rivista SE VUOI 3/2022)