Per il gusto di servire

testimonianza di Massimo Cattaneo

 

 

 

È passato tanto tempo…, ma ricordo ancora bene la do­manda che da giovane rincorreva continuamente il mio vagabondare tra i voli in deltaplano e le arrampicate in montagna, gli studi al Politecnico e il lavoro nell’officina di fa­miglia, le corse in camper con gli amici e le sciate d’alta quota in solitaria: cosa c’entra quel Gesù, che mi hanno presentato da ragazzino, col mio lavoro, coi miei studi, con quello che mangio, con quello che guardo, che ascolto, che dico?
Sorvolavo…, ma poi la do­manda ritornava.
Poi un’incredibile scoperta! Il Vangelo non è riser­vato agli esperti del mestiere, né lo si vive in eventi straordinari. L’incontro con il Signore avviene nella semplicità della vita, quella stessa sempli­cità che Gesù ha voluto condividere con noi, quella dove lo straordinario coincide con l’ordinario.

Durante alcuni viaggi in Guinea Bissau, intanto, facevo esperienza diretta di situazioni di povertà e di bisogno così estreme da non riuscire più a re­starne indifferente: per­ché io avevo ricevuto così tanto e altri così poco?
Il Vangelo indicava con assoluta chiarezza la via da seguire: il servizio e l’attenzione agli altri. “Sono venuto non per essere servito, ma per servire” e “Ama il prossimo tuo come te stesso”: due indicazioni che si sono stampate nella mia mente in modo decisivo, senza lasciare spazio a equivoci o scelte di mezza misura.
I miei studi, la mia profes­sione, l’amicizia con molte persone care… tutto diventava uno strumento da mettere al servizio. Gratuitamente avevo ricevuto ed era giunto il momento di restituire gratuitamente.

Decidevo di diventare Missionario Laico del PIME. Che grande sensa­zione di libertà! Il cuore non più legato a un posto o a un progetto, ma a uno stile che ti porti die­tro, ovunque sei e qua­lunque cosa fai.
La scelta di consacrazione laicale porta l’annun­cio del Vangelo nelle situazioni più normali. Si realizza nel mettere a di­sposizione le proprie competenze in un modo dif­ferente da quello a cui il mondo facilmente ci abi­tua. Si può andare in macchina da arrabbiati o da uomini di pace, si può fare la spesa da distratti o da costruttori di solida­rietà, si può studiare da distratti o da ricercatori della verità, si può lavo­rare da disonesti o da operatori di giustizia… Le stesse cose di sempre cambiano colore se vis­sute in modo evangelico.

Da Missionario Laico sono stato destinato a lavo­rare in una scuola tecnica del Bangladesh. Gli at­trezzi che mi sono ritro­vato tra le mani sono gli stessi che usavo nella mia officina: martello, salda­trice, trapano, tornio… A muoverli c’è un “motore nuovo”, che trasforma in profondità il modo di la­vorare: non per guada­gno o per fare carriera, ma solo per il gusto di servire. E il sapore della giornata cambia radical­mente, perché è vero che c’è più gioia nel dare che nel ricevere!
Il Bangladesh è un Paese musulmano e quindi non è permesso annunciare liberamente il Vangelo ai non cristiani, ma come spesso accade, le azioni parlano più chiaramente di tanti discorsi. È il lievito che non si vede a fare fermentare la torta.
La mia competenza e la mia professione sono diventati uno strumento formidabile per portare una testimonianza diversa anche negli ambienti più lontani. Quanti volti di manager, direttori, ca­pireparto ho visto stu­pirsi, perché il mio lavoro non viene retribuito con uno stipendio, perché non mi faccio le ferie tutti gli anni, perché non ho una casa tutta per me dove abitare stabilmente con la mia famiglia… Qualcuno avrà probabilmente pensato che in mezzo agli stranieri ricchi ogni tanto può capitare anche qualche sciocco sconclu­sionato, ma qualcun altro si è posto domande più interessanti, sui motivi e sugli effetti di una scelta un po’ differente da quella a cui solitamente ci si adegua.
Attraverso le attività sco­lastiche passano i valori cristiani della lealtà, del­l’aiuto reciproco, della fe­deltà agli impegni…
Con le ditte esterne ho scoperto che molti diri­genti apprezzano i nostri ex allievi, ora impiegati presso di loro, soprattutto per il loro comporta­mento, l’onestà, la dedizione al lavoro. Lavorare per il Regno di Dio signi­fica anche aiutare i gio­vani a diventare persone in gamba, che nella pro­pria esperienza diventano a loro volta testimoni di un Vangelo incarnato.
Certo non tutto funziona come nelle fiabe. A volte il nostro lavoro appare insignificante, del tutto inutile di fronte a situazioni tanto ingiuste e tanto compromesse da to­gliere ogni speranza. Il Bangladesh è famoso per essere uno tra i Paesi più corrotti e non è sempre facile accettarne i compromessi o l’impossibilità di far valere i diritti della persona, anche i più scontati. Spesso la ragione che vince è solo quella di chi ha più soldi e il ri­schio di scoraggiarsi è na­scosto dietro l’angolo.

A tenere sempre ingra­nata la marcia non è l’illusione che il mio lavoro cambierà le sorti del mondo, ma la consapevolezza che, se in questa giornata non metto a disposizione quello che posso dare, re­sterà un buco che nessun altro riempirà. È con le nostre azioni di oggi che il Signore costruisce il futuro di domani.