25 Giugno 2021
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro della Sapienza (Sap 1,13-15; 2,23-24)

Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano;
le creature del mondo sono portatrici di salvezza,
in esse non c’è veleno di morte,
né il regno dei morti è sulla terra.
La giustizia infatti è immortale.
Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità,
lo ha fatto immagine della propria natura.
Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.


Di queste parole del libro della Sapienza, forse complesse e tanto poetiche, una frase spicca per la sua forza: «coloro che le appartengono» (Sap 2,24). A chi apparteniamo? Alla morte o alla vita?
Colui che scrive non può pensare che la morte sia entrata nel mondo per opera di Dio perché la sua esperienza è quella di un Dio buono, che ha fatto bene tutte le cose e che le ha create perché «siano». Chi scrive sa che il Dio a cui appartiene è un Dio amante della vita che ha fatto della Terra un regno di persone vive!
Chi guardando un tramonto, almeno una volta, non si è appassionato alla gamma di colori generati dalla luce e in cuor suo ha ringraziato di essere vivo? Oppure chi non è stato in un’amicizia o in un amore talmente intensi da sentire chiaramente come ogni fibra del proprio corpo fosse viva! La passione per un progetto, il guizzo di un’idea vincente, persino un’arrabbiatura ci hanno detto che siamo vivi perché il nostro Dio ci ha voluti così. Noi apparteniamo alla vita perché siamo simili a Dio che della vita è la “sovrabbondanza”. Per questo devono farci tremare le parole conclusive di questo testo in cui si dice che è possibile appartenere, cioè essere parte (alla lettera) della morte. Noi non siamo parte della morte anche se, di fronte a una perdita, o in periodi di grande scoraggiamento può sembrarci di sì. Noi siamo parte di Dio, la parte più bella, a detta sua (cfr. Gen 1,29) e vogliamo esserlo fino in fondo. Lasciamo che il Signore ce lo ripeta, soprattutto quando abbiamo bisogno del suo «Talità Kum-Alzati» (Mc 5,41).


Qôl/call

Signore, che hai fatto bene tutte le cose e allontani il male dal mondo (Mc 5,34), donaci oggi la fiducia nella vita che è più forte di ogni nostra morte.

sr. M. Francesca 
frasca.mfrancesca@apostoline.it