Commento alla prima Lettura della Solennità di TUTTI I SANTI
(ANNO A) a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo
(Ap 7,2-4.9-14)
Io, Giovanni, vidi salire
dall’oriente un altro angelo, con il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran
voce ai quattro angeli, ai quali era stato concesso di devastare la terra e il
mare: «Non devastate la terra né il mare né le piante, finché non avremo
impresso il sigillo sulla fronte dei servi del nostro Dio». E udii il
numero di coloro che furono segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila
segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Dopo queste cose vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva
contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi
davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano
rami di palma nelle loro mani. E gridavano a gran voce: «La salvezza appartiene
al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello».
E tutti gli angeli stavano attorno al trono e agli anziani e ai quattro esseri
viventi, e si inchinarono con la faccia a terra davanti al trono e adorarono
Dio dicendo: «Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e
forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen».
Uno degli anziani allora si rivolse a me e disse: «Questi, che sono vestiti di
bianco, chi sono e da dove vengono?». Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E
lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le
loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».
L’Apocalisse di San Giovanni è un libro, bellissimo, da «pregare e contemplare» più che da capire. Il linguaggio di Giovanni è fortemente simbolico, ci parla delle realtà celesti che verranno, che già ci sono e non vediamo, che esistono da sempre. Si parla per immagini e simboli come si farebbe per descrivere qualcosa di ricco, bello e sfuggente alle definizioni, come si parla di ciò che si crede e di ciò che si spera.
Questo libro è diretto a una Chiesa che, al tempo in cui si scrive, è stata decimata dalle persecuzioni. Per questo è scritto per incoraggiare chi sta rischiando la vita per testimoniare la propria fede.
Così Giovanni, in questo testo, «apre il cielo» e ci mostra chi lo abita e cosa accade (o accadrà), come a mostrarci una sorta di “tifoseria celeste”: quella dei santi che gioiscono «Beandosi (cf. Mt 5,1-12)» di Dio. Per primi compaiono i centoquarantaquattromila segnati. Coloro che, come sarà evidente in seguito (cf. Ap 14,1), hanno scritto sulla fronte il nome di Gesù e del Padre suo: un sigillo di appartenenza, come un segno indelebile e visibile dell’essere solo di Dio. Anche su di noi è scritto il nome delle persone a cui apparteniamo, sarebbe bello ci fosse spazio anche per quello di Dio.
Poi compare la moltitudine immensa di uomini e donne che sono diventati «luminosi» condividendo la stessa sorte di Gesù che amò i suoi amici «fino alla fine» (Gv 13,1). Coloro cioè che hanno creduto fino in fondo che è dal sangue dell’Agnello che viene la salvezza. Che è il dono di sè che ridona luce e candore alla vita di tutti i giorni. I cristiani a cui è diretto questo testo fanno parte di queste schiere di testimoni fedeli, quelli a cui appartiene il Regno dei cieli (Mt 5,3.10). A noi è dato lo stesso privilegio!
Qôl/call
«Beato» è la prima parola del libro dei Salmi, che preghiamo nelle lodi e nei Vespri, e la parola chiave del Vangelo di oggi… un invito, una promessa per tutti noi.
sr. M. Francesca
frasca.mfrancesca@apostoline.it