10 Giugno 2022
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla Prima Lettura della Solennità della Santissima Trinità (ANNO C) a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro dei Proverbi (8,22-31)

Così parla la Sapienza di Dio: 
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,
prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata,
fin dal principio, dagli inizi della terra.
Quando non esistevano gli abissi, io fui generata,
quando ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata,
quando ancora non aveva fatto la terra e i campi
né le prime zolle del mondo.
Quando egli fissava i cieli, io ero là;
quando tracciava un cerchio sull’abisso,
quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso,
quando stabiliva al mare i suoi limiti,
così che le acque non ne oltrepassassero i confini,
quando disponeva le fondamenta della terra,
io ero con lui come artefice
ed ero la sua delizia ogni giorno:
giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre,
ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo».


La Sapienza, personificata come una figura femminile, racconta quello che tutti vorrebbero conoscere: l’origine del mondo. C’è una solenne eleganza nel suo modo di narrare come Dio, fin dal principio, ha disegnato con cura la Terra, il mare e il cielo, perché gli uomini vi abitassero. È la Sapienza, d’altronde, che Egli stesso si è scelta come consigliera perché tutto avesse un ordine.
Se i racconti della Genesi sono un resoconto quasi schematico, seppur bellissimo, della creazione, questo testo dei Proverbi, appartenente alla Letteratura Sapienziale, nel descrivere l’origine del mondo ci ha messo un’attenzione ai particolari,  come a volersi prendere il tempo e le parole giuste per descrivere tanta bellezza: «quando tracciava un cerchio sull’abisso, quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti» (Pr 8,27‑29). Le parole, una dietro l’altra, somigliano a dei passi di danza proprio come quelli che la Sapienza stessa può aver fatto giocando prima davanti a Dio e poi sul globo terrestre. Il verbo che si riferisce a questa azione può indicare una grande risata (in modo onomatopeico, nella lingua originale), come un grande gioco divertente o un’elegante danza.
È stupefacente un Dio che, nell’arte di creare, sceglie di giocare. E il mondo che ci ha donato risponde al gioco, basti pensare alle nuvole, o alla potenza stupefacente dell’acqua, ai milioni di stelle che ci permettono di sognare… Chissà che dal nostro Dio non possiamo imparare, come ci insegnano questi testi antichi, a prenderci meno sul serio e a lasciare che il mondo, creato per noi, ogni tanto, ci coinvolga nella sua danza felice.


Qôl/call

In principio Dio ha preferito non essere solo e quando venne «la pienezza dei tempi» il Figlio ci rivelò la comunione delle Tre Persone divine… Lasciamoci coinvolgere dalla danza della Trinità che ci insegna la bellezza dell’essere insieme. Oggi affidiamo al Padre, al Figlio e allo Spirito una nostra relazione significativa.

sr. M. Francesca 
frasca.mfrancesca@apostoline.it