Commento alla prima Lettura della Solennità dell’Assunzione della B.V. Maria
a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (11,19; 12,1-6.10)
Si aprì il tempio di Dio che è nel cielo e apparve nel tempio l’arca della sua alleanza.
Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle. Era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda trascinava un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra.
Il drago si pose davanti alla donna, che stava per partorire, in modo da divorare il bambino appena lo avesse partorito.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio.
Allora udii una voce potente nel cielo che diceva:
«Ora si è compiuta
la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio
e la potenza del suo Cristo».
«Nascere non basta. È per rinascere che siamo nati. Ogni giorno». (P. Neruda)
Come il parto comporta uno sconvolgimento così ogni novità passa per un travaglio, a volte lungo, doloroso, che alla fine lascia il posto a una incontenibile gioia.
Così la festa di oggi. Si è spalancato il santuario del cielo, il cuore della presenza di Dio: ciò che è più prezioso è donato una volta per tutte all’umanità rimanendo allo stesso tempo indisponibile a ogni meschino fraintendimento. Dio condivide la sua presenza con noi, è il Dio-con-noi e contemporaneamente ci indica che la sua presenza è sicura, protetta da ogni attacco di male, è in cielo e lontano dal male del mondo.
Il male, invece, lo riconosciamo perché è quello che non ci permette di “rinascere” cioè di venire alla vita ogni giorno, ma ci lascia vecchi e legati al nostro “uomo vecchio” (Col 3,9) con le sue solite logiche. Il male è il drago che si oppone al parto della donna. Sono i due grandi segni che la Liturgia dell’Assunta ci lascia, immagini della continua lotta tra il regno di Dio che vuole nascere e le forze che si oppongono in noi e fuori di noi, e che impediscono di consegnarci e di cambiare il nostro cuore perché possa finalmente esserci la Vita.
Il nuovo, però, non è un’illusione! Il centro della Storia è quel figlio, già partorito dalla donna Maria di Nazareth e continuamente partorito dalla Chiesa-madre, figlio destinato a diventare Re e Messia, Gesù morto e risorto per noi. È lui, vittorioso, che sigilla la fecondità della storia umana e della nostra storia personale. È grazie a Lui che anche noi, come Maria, possiamo sentirci dire oggi “benedetto il frutto del tuo grembo” (Lc 1,42), espressione che racchiude il desiderio sicuro di riuscita nella vita, la certezza appassionata di essere parte di questa Storia e di poter portare il nostro personale contributo oltre ogni forza distruttiva e oltre ogni scoraggiamento.
“È per rinascere che siamo nati”. Maria assunta in cielo spalanca il nostro orizzonte verso il compimento e ci dà la forza di essere nel mondo generatori di vita nuova, ostetrici della speranza, padri e madri di persone nuove, rinnovate, liberate. A partire da noi stessi.
Qôl/call
L’arca e la donna sono immagini di Maria che porta in sé e dà alla luce il Figlio di Dio. Con lei componiamo il nostro personale “magnificat” (Cf Lc 1,39-56) per l’azione di Dio nella nostra vita, a partire dalle piccole cose che fanno rinascere alla Vita.
sr. Letizia
molesti.l@apostoline.it