Commento alla prima Lettura della V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro del profeta Isaia (Is 6,1-2a.3-8)
Nell’anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo:
«Santo, santo, santo il Signore degli eserciti!
Tutta la terra è piena della sua gloria».
Vibravano gli stipiti delle porte al risuonare di quella voce, mentre il tempio si riempiva di fumo. E dissi:
«Ohimè! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono
e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti».
Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. Egli mi toccò la bocca e disse:
«Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua colpa
e il tuo peccato è espiato».
Poi io udii la voce del Signore che diceva: «Chi manderò e chi andrà per noi?». E io risposi: «Eccomi, manda me!».
Tutto ciò che ci supera è difficile da raccontare: l’amore, la gioia, la bellezza… Eppure Isaia oggi ci prova, cerca di raccontare il giorno della sua prima chiamata, quando, trovandosi davanti a Dio, cercò di rimanere vivo di fronte allo stupore della Sua bellezza. Nonostante la sua inadeguatezza e quella del suo popolo Isaia vede il Re (cf. Is 6,5). E lo dice così il profeta, stupito lui stesso di questa possibilità di vedere Dio quasi faccia a faccia, lo dice premettendo alla sua frase un “eppure”: «Eppure i miei occhi hanno visto il Re».
In Isaia ci riconosciamo oggi tutti noi che tanti “eppure” abbiamo pronunciato nella nostra vita davanti a Dio. Non saremmo stati capaci di essere al suo cospetto e al suo servizio “eppure”… Non saremmo stati adatti a quell’amore così esigente e così limpido “eppure”…
Eppure noi siamo in relazione con il nostro Dio e con coloro che amiamo ricevendo molte volte così tanto da essere costretti a dirci la verità: che tutto è grazia e tutto è dono perché se fosse dipeso solo da noi non avremmo nulla da raccontare.
Isaia oggi ci insegna che una delle parole più belle di questa sua storia è “eppure”, perché grazie agli “eppure” possiamo dire i nostri “Eccomi” a Dio e alla vita. Non ci sono supereroi alla corte del Re dei cieli, ci siamo noi, uomini e donne ordinari, che si sono fidati di un “eppure” voluto da Dio e che hanno saputo dire: “Se vuoi, manda me”!
Qôl/call
«Non temere» (Lc 5,10) è la risposta di Gesù a Pietro nel momento in cui si accorge di essere un peccatore perché non importa ciò che si è davanti a Dio, ma quanto si è capaci di dire: «Signore sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5,5). Oggi anche io posso dire: «Signore sulla tua parola…».
sr. M. Francesca
frasca.mfrancesca@apostoline.it
