Commento alla prima Lettura della Solennità di Pentecoste (ANNO A) a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dagli Atti degli Apostoli (2,1-11)
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste,
si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.
Venne all’improvviso dal cielo un fragore,
quasi un vento che si abbatte impetuoso,
e riempì tutta la casa dove stavano.
Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano,
e si posarono su ciascuno di loro,
e tutti furono colmati di Spirito Santo
e cominciarono a parlare in altre lingue,
nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti,
di ogni nazione che è sotto il cielo.
A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata,
perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua.
Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano:
«Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei?
E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa?
Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotàmia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, Romani qui residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
Parlare le lingue di tutti i presenti è l’effetto evidente del passaggio di un DONO, che ha investito in pieno gli Apostoli e i discepoli nel giorno di Pentecoste. La festa ebraica di Pentecoste celebra proprio il DONO della Legge, l’insegnamento che il popolo ha ricevuto al Sinai e in Moab tramite Mosè (come racconta il Libro del Deuteronomio, cf. Dt 28,69ss).
50 giorni dopo la Pasqua, Israele celebra ogni anno le parole dell’Alleanza sentendole sempre più vicine, non esterne a sé come delle regole da osservare, ma come parole sempre nuove e trasformanti dal di dentro la propria vita.
Queste parole nuove bisogna attenderle tutti insieme come gli Apostoli riuniti nel cenacolo, chiederle e riconoscerle come DONO dall’alto, realtà viva dello Spirito Santo che è comunicazione, riconciliazione, dialogo. Allora ci si scopre in grado di parlare una nuova lingua ogni volta che si realizza il miracolo dell’incontro tra fratelli, ogni volta che si trova la chiave di accesso al cuore dell’altro.
Ognuno di noi ha fatto l’esperienza drammatica di parlare tanto con qualche persona cara, senza però capirsi davvero, rimanendo protetti dietro uno schermo nelle proprie visioni delle cose. Ma, poi, arriva un momento in cui la comunicazione si scioglie, le parole diventano chiare, non più fumose, bensì limpide e piene, calde come il pane appena sfornato che sa di fuoco che attrae e appassiona, parole fresche come il vento, soffio divino che porta leggerezza, pace e perdono (cf. Gv 20,19-23).
Parlare e capirsi è una vera esperienza di Pentecoste!
Qôl/call
Ci sono “parole nuove” maturate in te nel cuore di questa emergenza sanitaria globale? Sono quelle parole che indicano una scelta di vita, uno stile più solidale e condiviso, parole che vogliono uscire diventando missione e dono per tutti … Cosa aspetti a donarle?
sr. Letizia
molesti.l@apostoline.it