Commento alla Prima Lettura della XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro del profeta Amos (8,4-7)
Il Signore mi disse:
«Ascoltate questo,
voi che calpestate il povero
e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:
«Certo, non dimenticherò mai tutte le loro opere».
Due parole stonano in bocca a coloro che hanno in mano le sorti del povero, secondo quanto oggi racconta il grande profeta Amos: il novilunio e lo shabbát (il sabato).
Che c’entrano in bocca a chi si prende gioco degli umili i nomi di due feste dedicate al Signore?
Che ipocrisia è quella di rispettare il riposo del sabato da parte di chi osa «vendere lo scarto del grano»?
Il sabato è la festa per eccellenza della fede ebraica, giorno in cui tutto cessa per far posto alla lode di Dio e al ricordo del riposo della creazione. Ma che senso ha rispettare questo giorno solenne se si aspetta che finisca solo per portare avanti i propri piani loschi?
Il novilunio, l’inizio del mese, è un giorno di gioia, «richiamo davanti al vostro Dio», dice il libro dei Numeri (10,10), ma la festa si carica di attesa solo per poter vendere il grano diminuendo l’efa e aumentando il siclo, cioè imbrogliando sulla misura.
Quello che Amos sta denunciando non è solo l’ingiustizia nella società ma anche una deriva del culto, svuotato del suo senso. Tutte e due queste feste servivano a scandire il tempo umano: il novilunio, i mesi; il sabato, le settimane. Ciò significa che il tempo, per i potenti di Israele, non è più il tempo di Dio. Lontana da noi l’intenzione di ingannare qualcuno, tuttavia è possibile chiederci se il nostro tempo appartenga ancora a chi ce lo ha donato. Quanto il nostro culto è rivestito di formalità che non ci riporta a un legame autentico con Dio?
Qôl/call
«Non potete servire Dio e la ricchezza» (Lc 16,13) dice il Vangelo di oggi. Quale ricchezza mi appartiene a tal punto da distogliermi dalla sequela del Signore?
sr. M. Francesca
frasca.mfrancesca@apostoline.it