Commento alla prima Lettura della Domenica di Pentecoste (ANNO B)
a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dagli Atti degli Apostoli (2,1-11)
Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si posarono su ciascuno di loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi.
Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamìti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cretesi e Arabi, e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle grandi opere di Dio».
Nello stesso luogo (At 1,1). È la stanza della comunità dove le differenze sono tutte ugualmente presenti, non sono annullate le personalità ciascuna col suo nome ma si trovano integrate dentro un progetto che le unifica e le sorpassa: la missione, cioè diventare testimoni di Gesù fino ai confini della terra.
La stessa stanza al piano superiore è anche il luogo del dono di Gesù nell’Eucarestia, del suo ritorno da Risorto e, oggi, del compimento nel dono dello Spirito.
Ci vuole un luogo di intimità per ricevere i doni più grandi, per donarsi e imparare a donarsi. Ma arriva il giorno in cui bisogna avere anche il coraggio di uscire.
Quella di Atti 1-2 è una comunità umile, una fraternità tutta orientata a stare alla presenza di Gesù Risorto e glorioso, che si fa presente col dono dello Spirito che li lancia in missione.
Una comunità in cui, all’improvviso, diventa possibile parlare lingue nuove, iniziando dalle parole nuove di una fraternità rinnovata. Sono quelle parole autentiche, mai banali o di facciata, ma sempre originali perché nate dal confronto aperto con sé stessi nella propria modalità di stare nelle relazioni. Parole che non temono l’invidia, la gelosia o la competizione che spesso proviamo. Queste parole nuove scelgono di dire ciò che unisce gli animi verso la ricerca del vero bene, l’amore che edifica.
Queste parole nuove, tutti le capiscono. Vengono dallo Spirito di verità (Cf. Gv 16,13) che ricorda e fa vivere oggi le parole di Gesù. Per questo vanno dette a tutti, senza confini. Bisogna attenderle tutti insieme queste parole che sanno di nuovo, come gli Apostoli e i discepoli riuniti nel cenacolo insieme a Maria: chiederle e riconoscerle come DONO dall’alto, come realtà viva dello Spirito Santo che è comunicazione, riconciliazione, dialogo.
Qôl/call
All’improvviso Dio sblocca ogni situazione, anche la più difficile e statica, ridonando le parole di verità che mettono in movimento… Ho fatto un’esperienza simile nella mia vita? Posso chiedere oggi questa grazia insieme al dono dello Spirito che “rinnova la faccia della terra” (Sal 104/103).
sr. Letizia
molesti.l@apostoline.it