12 Febbraio 2021
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della VI Domenica T.O. (ANNO B)
a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro del Levìtico  (13,1-2.45-46)

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse:
«Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.
Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».


Mai come in questo tempo in cui non ci si può più toccare, abbracciare, stringere la mano come prima, sentiamo così vicina la condizione dell’uomo malato di lebbra presentato in questa IV Domenica. Ci intristisce e si stringe il nostro cuore a pensarlo solo col suo male, condannato all’indifferenza e alla marginalità, senza un aiuto che sia possibile.
Oggi abbiamo a disposizione tutto un linguaggio che ci permettere di riscrivere questa pagina del Levitico, aggiornandola: quarantena, isolamento, tampone, mascherina, dispositivi di protezione, campagna vaccinale… Le norme di carattere sanitario di Lv 13 (all’avanguardia per il tempo in cui sono state scritte), si sono caricate ben presto di una connotazione morale e religiosa, tale da trasportare la malattia sul piano della persona. Si viene a stabilire un nesso tra salute e bontà da una parte, male fisico e colpa dall’altra: il malato diventa “impuro”, tanto da pensare che stia scontando una colpa commessa da qualcuno, da se stesso o dai genitori. Anche il Vangelo testimonia la persistenza di un tale modo di pensare (Cf Gv 9,2). Gesù è venuto a sanare questo corto circuito. La guarigione dell’uomo e della donna da Lui realizzata è integrale: non basta la salute, abbiamo bisogno della salvezza; non basta stare bene, abbiamo bisogno di essere reintegrati nel tessuto comunitario, di essere amabili per qualcuno, raggiunti dal tocco di un amico che non giudica (Cf Mc 1,40-41). Questo ci salva.


Qôl/call

In questi giorni di necessario e persistente isolamento, e di grande impotenza di fronte al dolore di molti, cosa posso fare di concreto per scardinare il muro della distanza e raggiungere così una persona che ha bisogno della mia presenza?

sr. Letizia 
molesti.l@apostoline.it