Commento alla Prima Lettura della XXX Domenica del T.O. (ANNO A) a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal Libro dell’Esodo (22,20-26)
Così dice il Signore:
«Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. Non maltratterai la vedova o l’orfano. Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani.
Se tu presti denaro a qualcuno del mio popolo, all’indigente che sta con te, non ti comporterai con lui da usuraio: voi non dovete imporgli alcun interesse.
Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso».
Nel libro dell’Esodo può capitare di incorrere in una serie di leggi che normino delle situazioni della vita quotidiana. In questo caso però non si tratta unicamente di stabilire cosa sia meglio fare e cosa no in determinate situazioni ma di cogliere il fondamento teologico di alcune scelte: a volte le ragioni sono esplicite, altre più nascoste tra le parole della Legge. Nel caso dello straniero da non opprimere (v.20) è evidente la ragione: «Foste stranieri anche voi». È facile dimenticare la propria condizione di fragilità quando questa è passata ma non è così che si cammina dietro il Dio di Israele.
L’altra ragione teologica nascosta tra le righe di questa pagina è invece rivelata da due verbi: «gridare» e «ascoltare». Dice il testo: “Se tu maltratti l’orfano o la vedova e loro invocheranno (in ebraico sʽq) l’aiuto, io li ascolterò (šmʽ)…». La stessa situazione e gli stessi verbi si ripetono alla fine di questo brano, al v.26, quando si è invitati a restituire il mantello: «Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole, perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando griderà (sʽq) verso di me, io l’ascolterò (šmʽ)». Ma gli stessi verbi sʽq e šmʽ sono usati proprio per Israele schiavo in Egitto: «Dopo molto tempo il re d’Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. Dio ascoltò il loro lamento» (Es 2,23-24).
Chiaro invito a fare memoria, ancora una volta, della propria condizione e a dare una lettura in più alla parola “prossimo”. L’altro è il prossimo perché è vicino a quello che anche noi siamo o siamo stati; noi siamo prossimi alla sua condizione perché potrebbe tornare ad essere la nostra, anche se ci sembra che non sia così. Il mio prossimo va amato proprio perché al posto suo sono stato, sarò, potrei, potrò essere io.
Qôl/call
«Ama il prossimo tuo come te stesso», dice il Vangelo di oggi. Esprimo, attraverso un versetto della Sacra Scrittura, in che modo oggi il Signore mi invita ad amare l’altro.
sr. M. Francesca
frasca.mfrancesca@apostoline.it