Commento alla prima Lettura della XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO ANNO C,
a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro della Gènesi (18,1-10)
In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno.
Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall’ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passare oltre senza fermarti dal tuo servo. Si vada a prendere un po’ d’acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l’albero. Andrò a prendere un boccone di pane e ristoratevi; dopo potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo». Quelli dissero: «Fa’ pure come hai detto».
Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: «Presto, tre sea di fior di farina, impastala e fanne focacce». All’armento corse lui stesso, Abramo; prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo. Prese panna e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse loro. Così, mentre egli stava in piedi presso di loro sotto l’albero, quelli mangiarono.
Poi gli dissero: «Dov’è Sara, tua moglie?». Rispose: «È là nella tenda». Riprese: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio».
Ci sono dei momenti nella vita che non ti puoi dimenticare, perché sono come delle svolte nel cammino. Magari non te ne rendi bene conto mentre li stai vivendo, ma dopo, ripensandoci, raccontandoli, ne capisci la portata. È quello che accade in un caldissimo pomeriggio ad Abramo e Sara, alle Querce di Mamre, lì dove avevano scelto di abitare.
Siamo all’inizio di una sezione, i cc 18-19 di Genesi, in cui il tema dominante è la distruzione delle città di Sodoma e Gomorra: questo non è un dettaglio irrilevante per comprendere la portata del racconto dei tre uomini misteriosi che si presentano all’ingresso della tenda di Abramo.
Sodoma, infatti, nella Bibbia è l’emblema della città organizzata per non accogliere lo straniero, pretendendo di umiliarlo e di sottometterlo con infamante violenza al proprio servizio.
Il modello positivo dell’accoglienza è, invece, quello offerto da Abramo e Sara proprio all’inizio del capitolo 18. Abramo corre incontro ai tre sconosciuti – che noi lettori sappiamo essere il Signore che lo visita -, e gli fa preparare da Sara nella tenda un pranzo da re.
C’è gratuità, empatia, comprensione nel cuore di Abramo. Egli vive nella condizione di essere “straniero” (ger, in ebraico), e quindi sperimenta sulla sua pelle continuamente la possibilità di non essere accolto, la fragilità della sua condizione precaria (…non è forse l’immagine della nostra esistenza umana?).
Accade allora che l’Ospite divino che si lascia accogliere, entri nella quotidianità e condivida non solo un pasto abbondante, ma anche il dramma della vita di chi lo ospita. Dio è Colui si coinvolge nella vita di Abramo e Sara rendendola finalmente feconda.
Allo stesso modo nel Vangelo Gesù entrerà nella vita di Marta e Maria definendo il senso e la priorità dell’esistenza: la relazione con Lui (Cf Lc 10,38-42).
Qôl/call
“Dio non cerca servi, ma amici (Gv 15,15 ); non cerca persone che facciano delle cose per lui, ma gente che gli lasci fare delle cose, che lo lasci essere Dio” (E. Ronchi).
sr. Letizia
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