9 Luglio 2021
- Spazio Bibbia, Bereshit

Commento alla prima Lettura della XV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) a cura di M.Francesca e Letizia ap

Dal libro del profeta Amos (Am 7,12-15)

In quei giorni, Amasìa, [sacerdote di Betel,] disse ad Amos: «Vattene, veggente, ritìrati nella terra di Giuda; là mangerai il tuo pane e là potrai profetizzare, ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re ed è il tempio del regno».
Amos rispose ad Amasìa e disse:
«Non ero profeta né figlio di profeta;
ero un mandriano e coltivavo piante di sicomòro.
Il Signore mi prese,
mi chiamò mentre seguivo il gregge.
Il Signore mi disse:
Va’, profetizza al mio popolo Israele».


Alcune espressioni del nostro linguaggio possono diventare segnali di come veramente abbiamo vissuto un’esperienza che ci riguarda. Il profeta Amos, tra i più «accesi» e incisivi dell’Antico Testamento, di fronte al sacerdote Amasìa che vuole cacciarlo, giustifica il proprio mandato raccontando la chiamata del Signore. Il fatto è però che usa un verbo piuttosto forte dicendo: «il Signore mi prese» (Am 7,15). Questo verbo, nella lingua ebraica, ha diversi significati che indicano però sempre una certa violenza. Si prende, nel senso che si afferra, si cattura una preda, un nemico, il verbo può indicare anche «trascinare». È così che Amos si è sentito, quando il Signore lo ha chiamato a essere profeta in modo inaspettato, mentre attendeva al suo lavoro di coltivatore e pastore. La forza del Signore su di lui lo ha attirato diventando più forte di tutto il resto. E dopo averlo preso il Signore si è rivolto a lui con un: «va e profetizza». È stato cioè chiamato a spostarsi per inseguire e accusare il potere corrotto del re di Israele, una missione nuova e scomoda, e a profetizzare che, più che parlare in nome del Signore, indica il provare la sua stessa passione per l’umanità. Amos così ha raccontato la propria esperienza di chiamata, avrebbe potuto usare altri verbi e altre parole, ma queste corrispondono al suo modo di percepire il Signore e di vivere la missione, con passione, forza, energia, sinonimi di un grande amore per la giustizia. Probabilmente anche noi, nel raccontare le esperienze fondamentali della nostra vita, abbiamo usato parole diverse con il passare del tempo, o con uno sguardo diverso sull’esperienza. Chissà che parole avrebbero usato i Dodici anche loro chiamati da Gesù per il Vangelo (Mt 6,7-13).


Qôl/call

Ognuno di noi ha una storia e una chiamata da parte del Signore a vivere una vocazione-missione particolare, per appartenere al Signore e a qualcuno in particolare, per essere solo suoi, per vivere un lavoro dedicato agli altri… Dovendola raccontare, quali sarebbero oggi le parole della tua storia? Quali verbi, parole, espressioni descriverebbero meglio la chiamata?

sr. M. Francesca 
frasca.mfrancesca@apostoline.it