Commento alla Prima Lettura della XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) a cura di M.Francesca e Letizia ap
Dal libro dell’Esodo (17,8-13)
In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.
Quando si legge un testo come questo lo si potrebbe, a prima vista, giudicare pittoresco: Israele vince quando le mani di Mosè si alzano; Aronne e Cur che devono sorreggerle; Giosuè che sembra non avere in pugno la battaglia ma dipendere da quello che succede sulla collina. Poiché pittoresco non è, occorre affinare lo sguardo.
C’è una parola chiave che svela il senso di questo racconto dell’Esodo ed è, in ebraico, ʼĕmûnăh, «fedeli» (Es 17,12). L’aggettivo, che si riferisce alle mani di Mosè, viene tradotto più giustamente «ferme» e si riferisce al fatto che Aronne e Cur studiano un modo per tenere dritta verso il cielo l’invocazione che Mosè, amico di Dio (cf. Es 33,11), gli rivolge. Le mani sono stabili nel senso fisico del termine, basti pensare alle due pietre che pongono sotto di esse. Eppure non può sfuggire che un termine così richiami, nella sua radice, il sostantivo e il verbo (ʼmn) che indicano la stabilità della fede di Israele e, in primo luogo, di Dio.
Le mani di Mosè erano stanche di essere innalzate al cielo, come capita a tutti coloro che, sotto il peso della giornata, e della vita, smettono di rivolgere lo sguardo a Dio, talvolta percepito come assente. Israele vince la sua ennesima battaglia non tanto, allora, per una sorta di rito magico o superstizioso, ma perché riscopre, attraverso Mosè, un Dio che silenziosamente, si fa presente attraverso la fede in lui. Fedeli sono le mani, e il cuore, di chi crede che c’è un Cielo sopra di sé che non lascia soli nelle “battaglie” quotidiane.
Qôl/call
«Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8)…
-Affido una situazione, relazione, sentimento che fiacca la mia fede.
-Trovo o ricordo una Parola, della Sacra Scrittura, che mi aiuti a rivolgere le mani al cielo nella sicurezza che Dio ascolta.
sr. M. Francesca
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